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Il mondo è altra cosa: ultima chiamata per il decadente impero dei porti

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Genova - L’Autorità Portuale di Copenhagen Malmö ha firmato una lettera d’intenti con l’Authority di Helsingborg, in Svezia, in vista dell’unificazione dei tre porti sotto una regia unica. La fusione fra il porto danese di Copenaghen e quello svedese di Malmö, realizzata alcuni anni fa, ha rappresentato un punto di svolta nella programmazione delle infrastrutture portuali. L’estensione dell’Authority unica al porto di Helsingborg consentirà di fornire servizi più efficienti e di evitare sovrapposizioni negli investimenti. Così gira il mondo reale dello shipping, oltre i limitati confini della Liguria. Vengono i brividi pensando a come il nostro piccolo, mediocre, sfasciato e decadente impero dei porti riesca a trovare motivi di orgogliosa e feroce rivalità nella battaglia per la spartizione di Assoporti.

Per molti anni una scatola vuota, inutile serbatoio di politiche vetuste e di baratti. Motore della proliferazione delle Autorità portuali, della dispersione delle risorse e del collocamento di politici incompetenti o trombati. E’ incomprensibile l’indecente resistenza al rinnovamento di Assoporti, che va in scena mentre serpeggiano ansie e paure vere nelle centrali marittime: il nostro sistema finanziario è sotto assedio, la politica non propone lampi di genialità riformista, il rapporto fra shipping e banche è sempre più tempestoso, il valore degli asset marittimi è crollato, traffici e lavoro sono quotidianamente a rischio. Il nodo è quello di produrre nuovi beni e nuovi servizi, di lottare contro le disuguaglianze per creare nuova domanda, di rendere porti e shipping più competitivi come premessa per uscire dalla crisi.

In questo scenario, è criminale la riapertura di una nuova stagione di conflitti ispirati ancora da interessi particolari e corporativi: occorre una generale presa di coscienza e la rottura di quel patto di complicità che blocca l’industria marittima e portuale italiana. In questa prospettiva, Assoporti può oggi rilanciarsi come una “grande agenzia di senso e di orientamento”. Irrobustendo il ruolo di negoziazione con il governo e le forze sociali che già Francesco Nerli aveva abbozzato. Individuando soprattutto un progetto unitario, mettendo a fattore comune risorse e capacità per trasformare in energia l’enorme potenza di cui dispone il sistema portuale italiano.

L’Associazione ha senso solo se rappresenta le esigenze reali delle imprese, offrendo loro maggiori elementi di competitività nell’import – export. Altrimenti le questioni dei porti sono viste come fatti locali e non come chiavi dello sviluppo. Uno dei nodi è anche quello dell’unificazione delle Authority, che dovrebbe essere proposta e perseguita proprio da Assoporti. Una prospettiva politica reale e necessaria, altro che spending review. E’ vero che in termini di costi la chiusura per unificazione di alcune Autorità portuali porterebbe risparmi minimi. Ma è altrettanto scontato che in termini di pianificazione delle infrastrutture e delle strategie commerciali, la strada non può essere che questa.

Luigi Merlo di Genova e Pasqualino Monti di Civitavecchia lanciano la proposta di una gestione unitaria per una nuova Assoporti. Una poltrona per due, ultimo salvagente. Non solo la Liguria, ma tutti i presidenti di centrosinistra e di centrodestra riuniti in Assoporti portano sulle spalle il fardello di responsabilità enormi. Questa volta sbagliano, se pensano di farla franca senza rendere conto del loro operato alle comunità delle imprese e del lavoro.

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