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Tecnici & Ammiragli, il senso dell’onore per i porti

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Genova - Un ammiraglio che fa politica è l’equivalente di un tecnico al governo. Entrambi fuori posto, quasi sempre inadeguati, espressioni di un sistema sfasciato incapace di visioni e interventi strategici, dopo aver smarrito il senso della realtà. C’è da chiedersi come riescano ad inventarsele, con sistematico e forse inconsapevole sadismo. Due casi freschi di cronaca, che restano nell’ambito delle “guerriglie” di Pilotina:

1) la spending review che anziché sostenere una seria riforma portuale rischia di paralizzarla all’infinito;

2) la richiesta d’intesa avanzata dal ministro Passera al governatore della Liguria Burlando, sul nome di Felicio Angrisano – l’ammiraglio che non vuole le grandi portacontainer a Voltri – quale nuovo presidente dell’Autorità portuale di Savona.

Non bastava il bluff di un’autonomia finanziaria da barzelletta. Quel timido spiraglio riformista aperto allo shipping viene decapitato da una scriteriata spending review, che colloca Genova sullo stesso piano del porto di Augusta. Un corto circuito insensato nel segno della decrescita e dell’anti-sviluppo. All’Authority di Genova, considerata ente pubblico e non ente economico, viene imposta una riduzione del 20% degli organici, già tagliati precedentemente di un altro 20%. Si rischia la paralisi, sarà impossibile gestire adeguatamente e tecnicamente la complessità del primo scalo nazionale. Qual è la logica, ministro Passera?

Della designazione di Angrisano alla successione di Canavese a Savona (su cui deciderà Burlando) in verità poco ci cale. Non fosse che è emblematica di un modo diffuso di pensare e di fare. Di un sistema da basso impero, paradigma del libero arbitrio. Qualcuno ci vuole spiegare le ragioni del martellamento cui Angrisano sottopone da qualche tempo Vte, cioè il più importante terminal del Mediterraneo? Dobbiamo ritenere dunque questo atteggiamento funzionale alla promozione a presidente? Dopo la quotidiana raffica di fax con cui l’ammiraglio impone un surreale silenziatore alle navi in arrivo al terminal Vte, ordinando ai comandi di bordo di spegnere i motori e di operare con un solo gruppo ausiliario lato mare, Angrisano alza il tiro e da qualche giorno punta il bersaglio grosso: le mega portacontainer da 13.000 teu.

A sorpresa, l’ammiraglio impone una restrizione a Vte sui fondali, abbassandone l’agibilità dai 15 metri previsti dalla concessione a 14 metri. Immediata la prima ricaduta negativa sulla produttività e il business del porto gestito da Psa di Singapore: quattro giorni fa una portacontainer è ripartita lasciando a terra 200 contenitori in esportazione. Da mesi Vte è sottoposto a ingiunzioni e limitazioni che ne stanno mettendo a serio rischio il presente e forse il futuro. Prima continue richieste di riduzione della rumorosità delle navi che non sono prescritte a nessun altro porto al mondo, ora addirittura le limitazioni al pescaggio delle portacontainer in arrivo. Senza che sia mai stato riscontrato un problema reale. Nel mirino degli osservatori, c’è soprattutto il palese conflitto d’interesse che pone l’ammiraglio Angrisano in una posizione decisamente singolare: gli interventi centralistici e burocratici potrebbero favorire il porto concorrente di cui l’ammiraglio è stato designato presidente.

A carico dell’ammiraglio Angrisano esiste anche un conflitto di interessi familiare che non rende onore alla sua ambizione di guidare il porto di Savona, visto che il figlio ha già ottenuto un posto di dirigente in Autorità Portuale, in buona compagnia con il fratello del presidente uscente Canavese. Solo poche settimane fa, l’arrivo al Vte delle grandi portacontainer era salutato come l’avvio di una nuova stagione di sviluppo. Da allora, che cosa è successo? L’ammiraglio è certo un uomo perbene. A questo punto, il modo migliore di dimostrarlo sarebbe quello di fare un passo indietro. In tutti i sensi.

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