Riforme & Authority: Genova si candida a diventare una città senza porto
Genova - Singapore non riesce a trovare in Italia formule per le sue strategie di espansione. Ritardi infiniti, burocrazia soffocante. L’uscita di Changi da Aeroporti di Roma è uno schiaffo che dovrebbe rovesciare i politici che continuano a non risolvere i problemi reali. Changi, come Psa e quindi Vte di Voltri e Vecon di Venezia, è controllata da Temasek Holding, il colosso finanziario che ha appena acquisito in Cina la maggiore banca del mondo per capitalizzazione. Ci sarebbero gli estremi per processare come traditori dello Stato gli inossidabili distruttori di ricchezza, benessere e lavoro. Ma non accadrà. Il fronte romano è inquietante, quello locale inadeguato e compromesso. Tra il totale disinteresse per i traffici portuali e le grandi opere, si perpetua la generazione politica che considera la decrescita una sponda per mantenere le posizioni.
La Commissione trasporti del Senato decide così di far ripartire la riforma portuale dal testo approvato nella precedente legislatura. Una vergognosa scatola vuota. Alle proteste del presidente dell’Authority genovese, Merlo, risponde indignato il senatore Marco Filippi (Pd), che ha bruciato gli ultimi cinque anni senza concludere niente. Al senatore livornese si accoda il presidente della Commissione, Altero Matteoli, l’ex ministro dei Trasporti che ha triturato shipping e portualità. Perfino il genovese Maurizio Rossi, che in campagna elettorale giurava sulla modernizzazione, sembra piegarsi ai conservatori. Vediamo che cosa non va in un testo lontano anni luce dalla realtà. In quelle carte non c’è nessun elemento di programmazione portuale nazionale, il che significa riproporre il perenne spreco delle poche risorse in porti insignificanti. Non a caso viene difesa l’Autorità portuale di Manfredonia e ripristinata quella di Trapani.
E’ un testo di riforma alla rovescia, che non contempla la classificazione portuale europea, non risolve il problema dell’autonomia finanziaria e funzionale, non indica soluzioni concrete per migliorare organizzazione del lavoro e produzione. In compenso si tutela con singolare miopia l’antica impalcatura dei servizi tecnico nautici, destinati ad essere spazzati via dall’Europa. La proposta di legge non tiene conto degli scompensi legati agli aiuti di Stato, non risolve il problema del contratto di lavoro dei dipendenti delle Autorità portuali, non spinge verso la vera integrazione logistica del Paese, non risolve le distorsioni del sistema demaniale, non mette al riparo i porti dagli apparati burocratici romani che strangolano banchine e terminal privati. La norma sui piani regolatori portuali è farraginosa, difficilmente applicabile. A che cosa serve fare una legge che non cambia nulla e affonda le speranze di innovazione e sviluppo? Se i senatori non sanno di che cosa parlano e non sono in grado di elaborare una politica riformista, si facciano da parte. In Commissione trasporti della Camera spiccano i nomi di molti deputati genovesi, da Mario Tullo a Roberta Oliaro, da Biasotti a Quaranta. Avranno il pudore e il coraggio di sconfessare i colleghi senatori e salvare la faccia? Nascondersi è una sciocchezza, inseguire mediazioni al ribasso un’indecenza.
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Genova città aperta ed internazionale, città di traffici, lavoro e di mercanti, di studio e di scienza! Già… Dicono che al prof. Amleto Mestizia importi un fico secco di avere sotto la Lanterna la sede dell’Autorità dei Trasporti (una scatola vuota, ma comunque un piccolo e prestigioso volano di business, occupazione indiretta, voli, arrivi e partenze, taxi, ristoranti ecc..). Il sindaco ha trovato subito la sponda di gente che non vedeva l’ora. La strategia dei nostri parlamentari e di un establishment irriconoscibile e delegittimato è sgambettare la singolare candidatura di Torino a favore di Roma. Surreale. Tra la gente di Pilotina, sono in molti ormai a pensare che i genovesi rimasti siano in gran parte i peggiori, quelli che nell’apatia generale riescono a frenare ogni spinta in avanti dei migliori, i superstiti che ancora immaginano una città moderna, attiva, protagonista dell’innovazione. Genova non si candida all’Authority dei Trasporti, ma solo a diventare una città senza porto. Però intelligente nella sua decrescita pilotata. E compatibilmente sostenibile.
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