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La legge di Monti: piccoli sceriffi crescono nel Far West dei porti

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Far West natalizio sulle banchine italiane – un campo di rovine sotto scacco degli eserciti politici di occupazione – e soprattutto in Assoporti, l’inutile aggregazione che per difendere interessi particolari smonta quotidianamente qualsiasi tentativo di riforma. Ammiragli che vanno e vengono… L’inquisito Dassatti, ex presidente e commissario a Napoli, spazzato via da Felicio Angrisano, che dopo aver fallito la scalata all’Authority di Savona veleggia trionfante sotto il Vesuvio. Cloroformizzata in Senato la legge di riforma dei porti, i restauratori trasversali marcano a vista il ministro Lupi, per escludere sul nascere ogni garanzia di innovazione. De Luca, sindaco renziano di Salerno e vice ministro senza deleghe, non molla la postazione. Presidenti post comunisti come Gallanti e Forcieri si prendono a cazzotti al Tar. Incarnazione dell’immobilismo e della sudditanza al Tesoro, i super burocrati del ministero dei Trasporti sono impegnati solo a salvarsi dagli accorpamenti e dalla scure della spending review. E un’aspirante classe dirigente cavalca l’onda neo democristiana, sgomita e aspira.

Ma l’oscar dell’arrogante genialità lo stravince ancora Pasqualino Monti, leader di Assoporti e presidente dell’Authority di Civitavecchia, ente in cui appena trentenne inizia la sua sfolgorante carriera blindata dal centrodestra, sdoppiandosi tra l’incarico di direttore amministrativo e il ruolo di assessore al Bilancio dell’allora sindaco Moscherini. A forza di giostrare tra una poltrona e l’altra, Monti oggi è il simbolo del potere che straccia disinvoltamente norme, regolamenti e buon senso. Celebrato mesi fa dal Corriere della Sera come esempio di efficienza e di buon governo, il capo di Assoporti si è preso talmente sul serio da lanciare un forte segnale di innovazione. Assumendo all’Autorità portuale di Civitavecchia 24 nuovi dipendenti a chiamata diretta, cioè senza concorsi o selezioni. Oltre al fratello di Monti, assunto in Port Utility (società di cui l’Authority detiene il 30%), nell’ente di Civitavecchia ha una postazione anche la cognata del presidente, che per conto di una società esterna si occupa di promozione. Ievolella, segretario generale di Monti, ha fatto lavorare per un po’ una figlia come collaboratrice a contratto e poi ne ha sistemata un’altra in Port Mobility (ennesima società partecipata). Tra i nuovi dirigenti assunti, pare si contino pure ex funzionari del ministero (controllore) dei Trasporti.

Quelle assunzioni hanno fatto parecchio discutere. Al punto che una battagliera deputata del Pd romano, Marietta Tidei, ha presentato una lunga e documentata interrogazione al ministro dei Trasporti, chiedendo conto a Lupi del comportamento del presidente Monti. Hanno firmato altri 35 parlamentari dello stesso partito, nessuno genovese e ligure. Il che rientra nella normalità. “A nostro avviso le assunzioni sono illegittime e in contrasto con le indicazioni del ministero – spiega Marietta Tidei - Quando autorizzò l’allargamento della pianta organica dell’Authority di Civitavecchia, raccomandava a Monti di espletare procedure concorsuali ad evidenza pubblica per le assunzioni, anche a tempo determinato”. Procedure che gran parte delle Autorità portuali seguono fin troppo. Ma non la pensa così Pasqualino Monti. Alla parlamentare del Pd ha fatto rispondere sbrigativamente dal suo ufficio stampa in Assoporti: pur essendo Enti pubblici non economici, le Autorità portuali posso fare ciò che vogliono. Perché applicano il contratto di lavoro di diritto privato. Solerti funzionari del ministero stanno riflettendo molto seriamente su questa tesi. Indietro tutta: il porto è solo un quiz. Buon Natale!

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E se ci diranno,
che nei porti la gente,
o la pensa in un modo,
o non vale niente….


Giochiamo d’anticipo. E’ lecito attendersi una risposta tecnicamente stizzita e politicamente inadeguata. E’ quasi certo che gli indaffarati burocrati del ministero suggeriranno a Lupi di replicare all’interrogazione della deputata Tidei appellandosi alla inoppugnabilità di un accordo sindacale interno che scavalca norme e codicilli. Verissimo. Al punto che si spalanca una prateria davanti a noi… Oltre all’inciucio e all’impalpabilità riformista, qual è oggi il ruolo, il protagonismo sindacale sui moli italiani? Quali le strategie, la politica, i progetti innovativi a favore del lavoro? Se qualche volta il sindacato si fosse schierato e non avesse sprecato un mare di possibilità, la storia della sinistra sarebbe stata diversa e forse oggi non scriveremmo di tante idiozie. La riflessione va allargata al neo segretario del Pd, Matteo Renzi e alla governatrice Debora Serracchiani, responsabile dei porti, dello shipping e delle infrastrutture. Percepiscono di essere il nuovo che avanza? Allora si guardino un po’ intorno, annusino l’aria che tira, si sporchino le mani. Sui porti e le infrastrutture, il loro partito non ne azzecca una da anni, appesantito da un apparato vecchio e inefficiente, inadeguato, compromesso se non connivente e indeciso a tutto. Sul territorio e non solo in Liguria, la classe dirigente e militante (compresi i neo rampanti) del Pd dispone di incredibili capacità mimetiche. Occupa centri di potere reale, banche, società pubbliche e private. Condiziona e frena. Quello che proponiamo sarà pure un minuscolo passaggio politico. Ma il binomio Renzi-Serracchiani rischia di perdere la faccia per non avercela voluta mettere.

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