Duci: «La logistica italiana investe poco in tecnologia» / INTERVISTA
Genova - Come è cambiato negli ultimi anni il settore della logistica in Italia? «Si potrebbe dire che il passato non esiste, tanto il comparto della logistica in Italia è cambiato negli ultimi anni».

Genova - Come è cambiato negli ultimi anni il settore della logistica in Italia? «Si potrebbe dire che il passato non esiste, tanto il comparto della logistica in Italia è cambiato negli ultimi anni - risponde Gian Enzo Duci, presidente della Federagenti, la federazione italiana degli agenti raccomandatari e mediatori marittimi -. Salvo rare eccezioni tutto il settore è stato al centro di un progetto di internazionalizzazione-colonizzazione da parte di grandi gruppi esteri che hanno trovato terreno fertile in un mercato molto fragile come è quello italiano. A ciò si aggiungono due fenomeni che hanno caratterizzato in modo marcato il cambiamento. L’acquisizione dei grandi marchi della logistica italiana da parte di maxi-concentrazioni nell’industria del trasporto marittimo - e ciò vale in particolare per il settore contenitori - e l’ingresso in forze di nuovi operatori che stanno cambiando le regole del mercato. Mi riferisco in particolare ai grandi protagonisti del commercio digitale. Ma esiste un problema serio che fa dell’Italia un unicum nel panorama europeo. Mentre negli altri Paesi i player logistici investono in modo massiccio su tecnologia, per altro spesso realizzata nel nostro Paese, in Italia il valore aggiunto è considerato il costo del lavoro e quindi l’utilizzo di manodopera a basso costo. Un fenomeno che alla lunga non potrà che risultare penalizzante per il nostro Paese».
La tecnologia sta assumendo un ruolo sempre più importante nel comparto marittimo-portuale. Come è cambiato il lavoro degli agenti marittimi?
«Della tecnologia si è detto. Il lavoro degli agenti marittimi è cambiato e continua a cambiare ogni giorno. Se gli agenti marittimi si fossero impegnati in una guerra di trincea a difendere le loro posizioni, sarebbero probabilmente già spariti. Invece, specie nell’ultimo decennio, sperimentate forme di collaborazione con gli armatori e subito il rischio di una estromissione a favore di agenzie generali di diretta emanazione dei grandi gruppi armatoriali, gli agenti marittimi hanno saputo diversificare la loro attività, conquistando posizioni e know how nell’intera catena logistica, creando e occupando nuovi spazi operativi o diversificando in modo netto la loro attività. È il caso degli agenti di mega-yacht che hanno letteralmente creato una professione diventando elemento imprescindibile e irrinunciabile della catena del valore in un settore del lusso».
In che modo stanno resistendo e quale futuro possono avere le piccole aziende del settore in un comparto sempre più dominato dai grandi gruppi industriali?
«Accettando quotidianamente la sfida del mercato e ragionando in modo irrituale. Gli schemi sono saltati e con un mercato mondiale che naviga a tutta forza verso una recessione, solo chi è in grado, per inventiva, per genialità o per capacità manageriale, di risultare unico, avrà le chance per sopravvivere».
Come giudica il ruolo della finanza nel mercato dello shipping italiano?
«L’unico esercizio che non ha senso intraprendere è quello che prevede la formulazione di giudizi sulla finanza nel mercato dello shipping. La finanza fa il suo mestiere, ovvero colleziona denaro degli investitori e lo incanala verso business che assicurino i rendimenti più alti. E più alti sono i rendimenti maggiore è il rischio per investitori e fondo. A completare l’equazione si colloca un mercato dello shipping che è diventato sempre più capital intensive, che soffre di una cronica sottocapitalizzazione, necessità di investimenti particolarmente consistenti, in un mercato che non assicura, con noli molto bassi, un’accettabile remuneratività dell’investimento. Ma per la prima volta dopo anni di acquisizioni finalizzate alla rapida realizzazione di profitti, si intravede una luce alla fine del tunnel: stiamo assistendo a una nuova fase di diversificazione con l’ingresso sul mercato dello shipping di soggetti interessati ad accompagnare i player marittimi in processi di risanamento industriale e finanziario. Soggetti che spesso si presentano con orizzonti temporali di investimento più lunghi e quindi più adatti per consentire al mondo armatoriale di affrontare e superare le pressioni del mercato».
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