Emissioni e navi da crociera, il nuovo rapporto della Nabu
"Le compagnie fanno ancora troppo poco, per ridurre l’impatto sulla salute, la natura ed il clima": è il punto di vista della storica associazione tedesca Nabu, che ha pubblicato ieri i risultati della decima campagna di raccolta dati sulle emissioni navali nel Mediterraneo
S. Cog.
La Spezia - "Le compagnie fanno ancora troppo poco, per ridurre l’impatto sulla salute, la natura ed il clima": è il punto di vista della storica associazione tedesca Nabu, che ha pubblicato ieri i risultati della decima campagna di raccolta dati sulle emissioni navali nel Mediterraneo. I risultati non sono entusiasmanti. L’acronimo Nabu sta per Unione per la Conservazione della natura e della biodiversità. È un organismo nato nel 1899, è il più vecchio e diffuso della Germania, raccoglie oltre 875 mila sostenitori, fra i quali spiccano 85 mila giovani. La filosofia del report è "quella di contribuire a trasformare l’industria croceristica in un settore sostenibile, in futuro". Il report è costruito sulla base di una road-map che immagina di poter arrivare ad una svolta radicale entro il 2040.
Attraverso alcuni indicatori, vengono annualmente valutate "le misure attuate dagli armatori, per procedere verso una industria crocieristica ad impatto zero": su 19 compagnie di navigazione esaminate, la prima è risultata la Hurtigruten Norvegia. È la più virtuosa di tutte, ma – rileva Nabu – ha comunque ottenuto solo la metà dei punti che avrebbe potuto acquisire, se avesse attuato tutti gli impegni che si era assunta. "Non si fa abbastanza". Questa l’opinione dei ricercatori, che chiedono "politiche ambientali più concrete e più decise". I parametri valutati sono lo stop all’uso di oli pesanti, il rispetto degli accordi di Parigi, l’uso di filtri efficaci, l’adozione di misure di mitigazione del cambiamento climatico. Si sommano i risultati positivi, segnati in verde, si detraggono quelli negativi, in rosso.
Ed ecco i risultati. In testa c’è a la Hurtigruten, seconda Aida Cruises e terza Hapag Loyd. A scendere si collocano Ponant, quarta, Tui Cruises, quinta, Viking Ocean, sesta. La Carnival, con le sue sub-compagnie come Princess, Holland, P&O, Cunard, è settima. Arrivano Msc, Norwegian, Royal Caribbean, compresa la sub-compagnia Celebrity, poi Costa e Phonix. L’ultima è Marella, a zero punti. Sönke Diesener, di Nabu, punta il dito sul fatto che "l’olio combustibile pesante continua ad essere utilizzato dalla maggior parte delle navi": le prime classificate hanno adottato l’uso di batterie e celle, pur sfruttate solo come integrazioni del motore a combustione. Inoltre, "anche se molte navi siano attrezzate per alimentarsi a terra, con le banchine elettrificate, solo poche lo fanno".
Anna Gerometta, presidente della onlus italiana Cittadini per l’aria, osserva che "le compagnie che più spesso toccano i porti italiani e che bussano alla porta dello Stato per ottenere azioni a proprio sostegno, sono tutte nella seconda parte della classifica, la peggiore. Alle pretese di supporto non equivale un impegno adeguato, nel ridurre l’impatto": Gerometta ritiene "costante e fondata la preoccupazione degli abitanti delle città portuali italiane soggetti all’impatto dei fumi che esalano dai camini delle navi a pochi metri dalle loro finestre". La Norvegia, aggiunge, ha già deciso di vietare la navigazione nei propri mari alle navi inquinanti, riservandola solo alle navi a emissioni zero, mentre in Itala "in questo senso giungono pochi segnali": Nabu, conclude, ha attivato una raccolta firme per spingere l’abolizione dell’uso dell’olio pesante, passando a carburanti meno inquinanti.
La classifica pone in rilievo le compagnie del Nord Europa, rispetto a quelle italiane, confinate agli ultimi posti. Costa Crociere, che vanta anche il brand Aida, risponde di essere "pienamente consapevole dell'urgenza e inderogabilità di un'azione globale contro il cambiamento climatico, ed impegnata a raggiungere gli obiettivi di operazioni nave a zero emissioni entro il 2050": le navi della flotta – spiega - sono pienamente conformi a tutte le normative europee ed internazionali. Costa "è stata la prima ad investire nel gas naturale liquefatto", con quattro navi. Le altre hanno "sistemi che garantiscono una significativa riduzione delle emissioni di zolfo e particolato". E "altri importanti passi avanti verso una flotta più sostenibile sono già in corso": fra le misure, l’uso di energia elettrica a terra, nei porti in cui questa tecnologia è disponibile, come il Nord Europa.
Alla Spezia non sono state mai elettrificate le banchine, per cui le navi che arrivano sono costrette a tenere i generatori costantemente accesi. Eppure l'elettrificazione era già prevista nei protocolli dei primi anni duemila, stretti dall'autorità portuale della Spezia con Enel, che - dagli anni Sessanta - gestiva a Melara la centrale a carbone.
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