La proposta della Commissione per l’estensione dell’applicazione della Direttiva Ets al settore del trasporto marittimo
A cura di Asla - l'Associazione degli Studi Legali Associati
Marco Manzone*
Genova - La Commissione Europea ha presentato il cosiddetto pacchetto “Fit for 55” nel luglio di quest’anno. Il pacchetto prevede una serie di proposte e di iniziative volte a garantire che le politiche UE siano in linea con l’obbiettivo di riduzione delle emissioni in atmosfera di almeno il 55% fissato dall’UE per il 2030, con il fine ultimo di perseguire la neutralità climatica entro il 2050. Come noto, tali iniziative riguardano anche il settore del trasporto marittimo. In particolare, il pacchetto “Fit for 55” comprende la revisione della direttiva n. 2003/87/CE (come già modificata dalla Direttiva 2018/410), che istituisce lo scambio di quote delle emissioni dell’UE (in seguito la “Direttiva ETS”), recepita in Italia (nella sua ultima versione) con il decreto legislativo n. 47 del 9 giugno 2020. L’iniziativa legislativa della Commissione intende estendere l’ambito di applicazione della Direttiva ETS anche ai settori a cui essa non era prima applicabile, tra cui spicca il settore del trasporto marittimo. La revisione della Direttiva ETS non è la sola iniziativa unionale che riguarda la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del trasporto marittimo: l’altra principale proposta riguarda infatti l’iniziativa Fuel EU che mira ad aumentare la diffusione di combustibili alternativi e rinnovabili, strumento che, ovviamente, va a coordinarsi con la proposta di modifica della Direttiva ETS.
Sinteticamente, la Direttiva ETS ha istituito un sistema di scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra (ETS) nell’Unione Europea fondato sul principio del “cap and trade”. Viene infatti introdotto un limite alla quantità massima di emissioni da parte delle imprese che rientrano nel sistema e, entro tale limite, le imprese partecipanti acquistano o vendono quote (“allowance” in inglese) di emissioni a seconda del proprio fabbisogno. Infatti, le imprese, le cui quote di emissioni non sono sufficienti a coprire le emissioni prodotte, acquistano all’asta o da altri soggetti le quote di emissione necessarie. Viceversa, chi ha quote di emissioni in eccesso rispetto alle emissioni prodotte, può venderle.
Dalla valutazione di impatto che accompagna la proposta legislativa della Commissione è emersa la scelta di integrare il trasporto marittimo all’interno dell’attuale sistema della Direttiva ETS, mentre è stata scartata la possibilità di creare un sistema di ETS ad hoc per il settore del trasporto marittimo.
I principali elementi della proposta della Commissione di revisione della Direttiva ETS in relazione al trasporto marittimo sono i seguenti:
- l'estensione della Direttiva ETS al trasporto marittimo si applicherebbe non solo alle emissioni derivanti da viaggi intracomunitari, ma anche alla metà delle emissioni derivanti da viaggi extra-UE e indipendentemente dalla bandiera di appartenenza della nave; il soggetto responsabile degli obblighi imposti al settore marittimo dalla Direttiva ETS sarebbe la “società di navigazione”, definita quale l’armatore o altro soggetto che ha assunto la responsabilità dell’esercizio della nave e che detiene il Document of Compliance (DOC);
- l'obbligo di restituzione delle quote nel settore del trasporto marittimo verrebbe introdotto gradualmente dal 2023 al 2025, con obbligo di restituzione del 100 % delle emissioni verificate solamente a partire dal 2026;
- al fine di monitorare, verificare e comunicare le emissioni derivanti dalle attività di trasporto marittimo verrebbero applicate le norme già in vigore in materia di verifica e accreditamento di cui al Regolamento UE 2015/757 (che ha istituito il sistema di monitoraggio, comunicazione e verifica delle emissioni di anidride carbonica generate dal trasporto marittimo (sistema MRV);
- oltre alle norme generali della Direttiva ETS in materia di sanzioni, possono essere emessi provvedimenti di espulsione nei confronti di navi sotto la responsabilità di una società di navigazione inadempiente agli obblighi di cui alla Direttiva ETS, prevedendo altresì l’emissione di un provvedimento di fermo amministrativo da parte dello Stato membro di bandiera (se applicabile) e ordini di rifiuto di acceso nei porti sotto la giurisdizione degli altri Stati membri;
- per le società di navigazione registrate in uno Stato membro l'autorità di riferimento ai sensi della Direttiva ETS è lo stesso Stato membro di registrazione. Invece, per le società di navigazione extra-UE, l’autorità di riferimento è lo Stato membro in cui si è registrato il maggior numero di approdi nei due anni di monitoraggio precedenti o, in caso di primo viaggio, lo Stato membro da cui la società di navigazione ha iniziato il suo primo viaggio;
- il Fondo per l'innovazione (cioè il fondo a cui sono messe a disposizione quote di emissioni con l’obiettivo di sostenere l’innovazione delle tecnologie dei processi a basse emissioni) potrà inoltre sostenere “tecnologie e infrastrutture innovative e pioneristiche per decarbonizzare il settore marittimo”.
Successivamente alla pubblicazione della proposta legislativa della Commissione, è stata data la possibilità di presentare dei feedback da parte degli stakeholder, sino all’8 novembre 2021. Tra le varie risposte depositate si notano – nel settore marittimo - quelle dell’European Community Shipwoners’ Associtation (ECSA), Intertanko e dell’Associazione giapponese degli armatori.
L’ECSA ha criticato la scelta di imputare sull’armatore gli obblighi previsti dalla revisione della Direttiva ETS relativi al settore marittimo, che – a suo dire - dovrebbero essere invece essere posti a carico direttamente del soggetto responsabile per le scelte commerciali della nave in termini di combustibile, rotte e velocità. In particolare, ECSA ricorda come sia stata la stessa proposta della Commissione al suo considerando 20 a indicare che in base al principio "chi inquina paga", la società di navigazione potrebbe, mediante un accordo contrattuale, “imputare al soggetto che è direttamente responsabile delle decisioni che incidono sulle emissioni di CO2 della nave responsabile anche i costi di conformità ai sensi della presente direttiva”. Tuttavia, ECSA ritiene che debba essere previsto un obbligo di legge che imponga di fare ricadere la responsabilità su tale soggetto, evitando che ciò sia lasciato al mero negoziato privato tra le parti.
Intertanko ha criticato la definizione di “società di navigazione”, sollevando le criticità che potrebbero riscontrarsi nel caso di managers tecnici che gestiscono navi di diversi armatori. Ha inoltre espresso dubbi sulle modalità di allocazione delle risorse destinate al settore marittimo all’interno del Fondo per l’innovazione, indicando che la maggior parte delle risorse finanziare derivanti dalle emissioni prodotte dal settore marittimo dovrebbero essere esclusivamente destinate alla ricerca e sviluppo finalizzati alla neutralità climatica del settore shipping.
Infine, l’Associazione giapponese degli armatori ha criticato ab origine la scelta dell’Unione Europea di intervenire in ambito regionale in un settore globale come il trasporto marittimo internazionale che deve essere lasciato alla guida esclusiva dell’IMO. Sul punto, nel testo della proposta, la Commissione indica di aver accolto con favore i progressi recenti compiuti dall’IMO sulla riduzione delle emissioni, ma che questi sono ritenuti insufficienti e sottolinea che l’iniziativa regionale dell’UE possa essere fonte di ispirazione per un’azione più ampia in seno all’IMO.
La proposta della Commissione è adesso passata all’esame del Consiglio e del Parlamento. Vedremo se la stessa verrà modificata prima della sua adozione finale, che non sembra, comunque, poter essere messa in discussione.
*Avvocato, Partner di Dardani Studio Legale
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