Così la Cina influenzerà il mercato delle commodities (e dello shipping)
Genova - Un cambiamento importante nelle dinamiche del mercato dry bulk. È quanto ha annunciato David Jordan, regional director per l’Asia della Msi (Maritime Strategies International), a Seatrade Maritime News.
Elisa Gosti
Genova - Un cambiamento importante nelle dinamiche del mercato dry bulk. È quanto ha annunciato David Jordan, regional director per l’Asia della Msi (Maritime Strategies International), a Seatrade Maritime News, ai margini della conferenza Marine Money Asia. Negli ultimi vent’anni la domanda cinese di minerale di ferro ha guidato il mercato dry bulk a livello globale. Questo ha fatto sì che i servizi si adeguassero alle modalità della domanda e in funzione delle caratteristiche di quest’ultima, ma quando la Cina raggiungerà il picco della sua produzione di acciaio le cose saranno destinate a cambiare.
“Se si osserva il ciclo produttivo cinese, si può desumere che entro la metà del prossimo decennio verrà raggiunto il picco delle importazioni di minerale di ferro e che negli anni successivi si verificherà una inevitabile riduzione - spiega Jordan – Questo non significherà però un crollo improvviso delle importazioni. Secondo le stime, infatti, il rallentamento sarà graduale. Il punto critico sta nel fatto che non saranno disponibili alternative al mercato cinese per quanto riguarda la sostituzione della domanda”. Secondo l’analista della Maritime Strategies International, esiste una condizione analoga per quanto concerne le importazioni di carbone. In questo caso, tuttavia, la situazione appare più fluida perché, in assenza della predominanza cinese, possono essere individuati potenziali sostituti di Pechino in paesi quali India e Vietnam. “Quest’ultimo in particolare – precisa Jordan – appare molto promettente, avendo registrato una crescita delle importazioni di carbone del 95%”. Queste notizie, in ogni caso, sembrano essere positive per i cosiddetti “minor bulks”, ovvero le merci sfuse minori. La crescita del settore è nelle loro mani, anche se non potrà ovviamente mantenere i livelli registrati negli ultimi vent’anni dal minerale di ferro, ma dovrebbe assestarsi sull’1,5-2%.
“Sono le merci sfuse “minori” che saranno le protagoniste in questa delicata fase – spiega Jordan – Le importazioni cinesi di questi materiali, quali bauxite, minerale di manganese ma anche prodotti della foresta, sono destinate ad aumentare in modo significativo nel prossimo decennio. Il risultato sarà un mercato molto più complesso rispetto a quello degli ultimi anni e con un’ampia diversificazione della domanda”. Se la buona notizia riguarda i “minor bulks”, parallelamente e indirettamente coinvolge anche gli armatori che dispongono di flotte con un unità più piccole. In un certo senso, infatti, si procederà controcorrente. Dopo la corsa verso le grandi unità per riuscire a realizzare economie di scala e a trasportare carichi importanti in un unico viaggio - con conseguente e necessario adeguamento delle infrastrutture portuali - per quanto riguarda il dry cargo si registrerà un’inversione di tendenza. “Verranno avvantaggiati i possessori di piccole unità: la diversificazione del carico, infatti, richiederà una parcellizzazione dello stesso che difficilmente riesce a essere gestita dalle grandi unità – appunta Jordan – Non si tratta solo del problema della disponibilità e capacità infrastrutturale da parte dei porti, ma anche dell’aspetto organizzativo, governato dagli spedizionieri e dagli armatori. Il rischio è, infatti, che le grandi unità non riescano ad essere utilizzate a pieno carico, con conseguenti inefficienze del sistema”. Ecco perché, dati economici alla mano, a dominare il settore dry bulk nel prossimo decennio potrebbero essere proprio le unità più piccole, più agili e più flessibili rispetto alle esigenze di un mercato complesso e diversificato.
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