Ilva, cassa integrazione a Genova e Novi
Lavoratori verso la mobilitazione
Dopo l'accordo tra governo e ArcelorMittal, la multinazionale ha chiesto Cig per gli stabilimenti del Nord: 130 unità a Cornigliano e altrettante a Novi Ligure, a partire dal 30 marzo

Operai dello stabilimento di Genova Cornigliano
Genova - All’indomani dell’accordo tra governo e ArcelorMittal che rinvia a fine anno il negoziato sui progetti per il siderurgico limitandosi a stabilire il prezzo del divorzio della multinazionale dall’Italia, gli stabilimenti di Genova e Novi Ligure vengono travolti dalla cassa integrazione.
A Cornigliano è prevista la «progressiva e temporanea fermata totale» delle linee di zincatura 5 e 3, del decatreno, della banda stagnata e delle linee di imballo. A Novi saranno fermate la zincatura 4, la ricottura, l’elettrozincatura, il decatreno e le finiture.
Dopo nemmeno 24 ore dall’accordo col governo, il gruppo fa partire la richiesta di Cig per 260 addetti su 1.750 per 13 settimane dal 30 marzo: 130 a Genova e altrettanti a Novi. La mossa scatena l’ira del sindacato, le rsu hanno convocato le assemblee settimana prossima per decidere le iniziative di mobilitazione. Ma anche le istituzioni locali reagiscono con irritazione.
Il sindacato è sul piede di guerra. Dalle segreterie nazionali di Uilm e Fiom Rocco Palombella e Gianni Venturi ribadiscono che l’accordo siglato tra governo e Mittal «tutela solo i loro interessi, poiché sono già stati predeterminati i termini dell’uscita di ArcelorMittal» mentre «restano del tutto indefiniti la prospettiva industriale, l’assetto societario, gli investimenti». «Il giorno dopo l’accordo - sottolinea Venturi - Mittal, come primo atto, comunica l’apertura della procedura di Cig per Genova e Novi, oltre che la proroga degli ultimi tre mesi disponibili per Taranto. Non ci siamo proprio».
A livello locale le rsu Fim, Fiom e Uilm hanno convocato le assemblee nelle fabbriche per discutere iniziative di mobilitazione. L’azienda ha comunicato che non si potranno tenere «in ossequio» al decreto sul coronavirus. Ma i lavoratori sono determinati a tirare dritto: «Le assemblee si terranno fuori dalle fabbriche».
«È inaccettabile - denuncia Bruno Manganaro, Fiom Genova - che Mittal abbia aperto le procedure per la cassa integrazione e che speri che l’emergenza coronavirus smorzi le proteste. Azienda e governo hanno trovato l’accordo con l’unico interesse di uscire dalla causa e garantirsi il divorzio consensuale. Fregandosene dei lavoratori, Mittal cerca di fare cassa dopo aver risparmiato su tutto: manutenzioni, gasolio, illuminazioni sulle banchine. Non c’entra niente la crisi di mercato: vogliono disimpegnarsi dalla siderurgia in Italia. Noi non ci stiamo e lotteremo come abbiamo fatto in tutti questi anni per difendere il lavoro, il reddito e la fabbrica siderurgica».
Secondo Alessandro Vella, Fim Liguria, «l’accordo è un capolavoro al contrario» e «si rischia di mandare all’aria l’industria siderurgica dell’intero Paese, e con essa migliaia di posti di lavoro, per le politiche di basso cabotaggio del governo, a cui si aggiunge la beffa della richiesta di cassa integrazione per Genova e Novi. Una follia».
Antonio Apa, Uilm Genova, conferma quanto denunciato da Palombella a questo giornale: «L’accordo è una farsa. Ha vinto Mittal e il governo ha calato le braghe. Il rischio che ormai è che gli imprenditori privati scappino e che l’Ilva venga nazionalizzata».