«Carige, salvataggio possibile tra aiuti di Stato e oneri condivisi» / INTERVISTA
Genova - In questa intervista Massimo Condinanzi, docente di Diritto dell’Unione europea all’università statale di Milano, spiega cosa è cambiato e cosa prevede il nuovo percorso normativo europeo nel quale la banca ligure è stata catapultata.
Gilda Ferrari
Genova - Commissariamento, aiuti di Stato, prospettive di nazionalizzazione. Il 2 gennaio Carige è entrata in una nuova dimensione, fatta di parole nuove e paletti rigidi dentro i quali muoversi. In questa intervista Massimo Condinanzi, docente di Diritto dell’Unione europea all’università statale di Milano, spiega cosa è cambiato e cosa prevede il nuovo percorso normativo europeo nel quale la banca ligure è stata catapultata.
Che cosa significa essere commissariati dalla Bce?
«Carige è stata commissariata dalla Bce perché “significante”, quindi sottoposta alle regole europee. Dopo le vicende recenti - l’aumento di capitale rigettato nell’assemblea del 22 dicembre - le conseguenti dimissioni del cda sono state il presupposto che ha fatto scattare l’articolo 29 della direttiva Brrd del 2014, cioè lo schema di ristrutturazione e risoluzione delle banche, che prevede che Bce possa nominare degli amministratori temporanei. I poteri di questi amministratori sono definiti dall’atto di nomina (che non è pubblico) e sono finalizzati ad assicurare la continuità aziendale. Al momento l’obiettivo è ancora ricondurre a un quadro di riordino l’attività di Carige».
Però il commissariamento è provvedimento precauzionale, un’allerta precoce.
«Esatto. Questo ha comportato l’avvio di contatti tra Bce e il Comitato di risoluzione unico (Srb), l’organismo destinato a gestire l’eventuale risoluzione della banca».
Qual è l’obiettivo del commissariamento?
«Per ora l’obiettivo primario è la ricerca di soluzioni di mercato idonee a ristabilire la stabilità finanziaria dell’istituto ligure».
Quali possono essere le soluzioni di mercato?
«Ad esempio cercare acquirenti che, a certe condizioni da definire attraverso un negoziato, siano interessati ad acquistare la banca. L’acquirente può avere interesse a ottenere garanzie pubbliche su Carige, a non avere gli Npl, ad avere una liquidità immediata. Siccome gli interessi dell’acquirente possono essere soddisfatti principalmente dalla cassa pubblica, si entra nel tema degli aiuti di Stato».
Altre opzioni di mercato?
«Beh, l’aumento di capitale sottoscritto dagli azionisti che riporta Carige a rispettare i ratio patrimoniali: questa sarebbe la classica soluzione di mercato - e farebbe venir meno il commissariamento».
Se non fosse prospettabile la soluzione di mercato?
«Bce dovrebbe dichiarare Carige in dissesto o a rischio dissesto, allora il dossier passerebbe direttamente al Comitato di risoluzione unico, che dovrebbe anzitutto verificare se esiste un interesse pubblico alla risoluzione. Se non c’è interesse pubblico, Carige esce dalle regole europee della risoluzione ed entra in quelle nazionali della liquidazione. Se invece c’è interesse pubblico, la Commissione Ue e il Consiglio approvano lo schema di risoluzione e l’autorità nazionale lo implementa. Lo schema può prevedere vari strumenti, dalla vendita dell’attività di impresa alla creazione di un ente ponte, al più noto (e temuto) bail-in».
L’obiettivo dello schema di risoluzione quale è?
«Determinare non il fallimento, bensì una ordinata trasformazione della banca».
In Mps cosa è successo?
«Ci siamo fermati prima. E si auspica succederà anche a Carige: potrà cioè esserci un aiuto di Stato che favorisca la soluzione di mercato».
Intervento pubblico significa però aiuto di Stato.
«L’articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell’Ue dice che gli aiuti di Stato possono essere autorizzati dalla Commissione quando servono a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia dello Stato membro. Se Carige rientrerà in questa ipotesi potranno esserci sia la garanzia statale sul bond sia, eventualmente, l’ingresso dello Stato nel capitale».
Oltre a porre rimedio al grave turbamento dell’economia, l’intervento pubblico deve però essere il più vicino possibile al mercato. Il tasso del bond garantito?
«Sono aspetti che lo Stato negozia con la Commissione. Le Comunicazioni della Commissione in materia, dal 2013 in poi, entrano nel dettaglio e lasciano ampio margine alla negoziazione. È evidente che il mercato viene turbato dall’aiuto di Stato, c’è una lesione del mercato comune, una discriminazione, ma l’autorizzazione della Commissione serve proprio a discostarsi per una finalità prevalente».
Il burden sharing?
«È un principio che implica la condivisione degli oneri con i proprietari della banca: va rispettato, in misura da definire. L’ingresso dello Stato nel capitale della banca comporta il sacrificio di azionisti e obbligazionisti subordinati».
I 320 milioni di bond sottoscritti dall’Interbancario?
«Se ci fosse l’aumento di capitale privato sarebbero rimborsati. In caso di aggregazione, qualcuno dovrà farsi carico del ristoro del Fondo. In caso di intervento pubblico (garanzia statale su bond o ingresso dello Stato) il Fondo rischia di dover partecipare, condividendo gli oneri».
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