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L’analisi

Marco Fiori (Premuda): “Traffico petroliere, il mondo diviso in due. Con la Russia operano almeno mille navi”

Il gruppo armatoriale genovese Premuda, controllato dal fondo Pillarstone, si appresta a chiudere il 2022 con ricavi aggregati per oltre 175 milioni di dollari a fronte di un margine operativo lordo di 105 milioni

di Alberto Quarati
2 minuti di lettura

Marco Fiori, amministratore delegato del gruppo Premuda (frontier productions)

 

Genova – Il gruppo armatoriale genovese Premuda, controllato dal fondo Pillarstone, si appresta a chiudere il 2022 con ricavi aggregati per oltre 175 milioni di dollari a fronte di un margine operativo lordo di 105 milioni: “La compagnia ormai è risanata - dice l’amministratore delegato Marco Fiori, al timone della società insieme al direttore finanziario Enrico Barbieri, entrati nel 2019 dopo l’acquisizione della società da parte di Pillarstone, - e l’anno finanziario si appresta a chiudere positivamente soprattutto per gli effetti del mercato delle cisterne”.

Che compagnia è oggi Premuda?
“Le navi della flotta sono 29, di cui 21 cisterne e otto da carico secco. L’età media nel suo complesso è 10 anni, nello specifico 9 anni le cisterne, 12 le rinfusiere. Le cisterne sono Medium Range (cioè unità fra 35 mila e 54.999 tonnellate di portata lorda ndr), la dimensione dove abbiamo concentrato i nostri investimenti lo scorso anno, con l’ingresso di sette navi tra acquisti e noleggi, con età media sette anni”.

Ventinove navi: non poche, ma il mercato ormai va verso le grandi flotte...
“Parliamo dell’aggregato della flotta Premuda più Finav, la compagnia nata dagli Npl acquisiti da Pillarstone. Negli anni Novanta una flotta di 10 navi era già considerata di tutto rispetto, oggi le proporzioni sono cambiate. Diciamo che 30 navi è una dimensione che ci permette di partecipare alla festa”.

Da prede o predatori?
“Allora, questo è un tema che dovrebbe essere discusso col nostro azionista. Noi pensiamo che una compagnia di 30 navi, con età media molto bassa, sia certamente un buon partner con cui lavorare. Le strade che abbiamo davanti sono tante, bisogna capire quale sarà la migliore. Detto questo, la massa critica conta: anzi, per il gioco delle economie di scala, una compagnia, poniamo, di 50 navi risulta avere in proporzione costi operativi meno impattanti di una con cinque”.

Poi con i noli alle stelle per via della guerra...
“Guardi, il costo per unità trasportata con nave cisterna è uno dei più bassi che ci siano: al consumatore pesa veramente qualche centesimo, nulla a confronto di tasse e accise. Il trasporto nel container per esempio pesa di più, perché il calcolo è fatto su 3.000 tonnellate, che è la sua portata massima. Detto questo, dopo l’impennata dei container e poi nel 2021 delle rinfuse secche, ci aspettavamo la crescita dei carichi liquidi. La guerra è stata un catalizzatore di un processo che era già in atto. Ha prodotto un’impennata più violenta dell’atteso, ma i prezzi penso rimarranno alti anche nel momento in cui conflitto sarà finalmente terminato”.

Perché?
“Tra i motivi, il fatto che oggi, secondo le ultime ricerche, ci sono almeno 1.000 navi che stanno operando sul mercato grigio (prendono il greggio in Russia e lo portano a raffinare in Paesi che non riconoscono le sanzioni alla Russia ma vendono il prodotto all’Occidente, come Cina e India ndr), che ovviamente noi non facciamo. La pratica non è illegale, ma nel momento in cui si ristabilirà la pace nessuna compagnia vorrà utilizzare queste unità, che peraltro sono tutte piuttosto datate. Questo porterà a una pulizia notevole del mercato, consentendo al settore di avere gambe ancora per un bel po’. Un ulteriore elemento saranno i cantieri navali, che per un insieme di fattori oggi sono pieni, si trovano in una situazione di produttività ridotta rispetto agli anni passati, e preferiscono costruire unità più remunerative delle cisterne, come portacontainer e gasiere. Il portafoglio ordini del nostro settore è ai minimi storici”.

Come si è concluso l’accordo con Columbia Shipmanagement?
“Col trasferimento del nostro reparto Tecnico, 17 persone, alla joint venture con questa società. Questo ci ha permesso di avere più flessibilità sulla gestione delle flotte, e salvaguardare la sicurezza di 17 famiglie a Genova. Abbiamo fatto un’operazione sociale, senza guardare troppo le questioni di bilancio”.

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