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Allarme dei porti italiani: “Stop alle concessioni decise da un algoritmo”

“La riforma dei porti? L’hanno già fatta, una settimana fa”. È il presidente del porto di Trieste, Zeno D’Agostino, ad accendere la miccia dell’Adriatic Sea Summit, convegno organizzato nel capoluogo giuliano da Il Piccolo e Il Secolo XIX

di Alberto Quarati
2 minuti di lettura

Il palco dell'Adriatic Sea Summit (silvano)

 

Trieste – “La riforma dei porti? L’hanno già fatta, una settimana fa”. È il presidente del porto di Trieste, Zeno D’Agostino, ad accendere la miccia dell’Adriatic Sea Summit, convegno organizzato nel capoluogo giuliano da Il Piccolo e Il Secolo XIX, sino a quel momento veleggiante fra i grandi temi della geopolitica internazionale. D’Agostino si riferisce polemicamente alle linee guida del nuovo regolamento sulle concessioni portuali, licenziate dal ministero dei Trasporti a fine aprile e attive dal prossimo anno, che conferiscono all’Autorità di regolazione dei Trasporti (o meglio, a un algoritmo ideato da questo ente) un peso centrale nella valutazione delle concessioni portuali, fin qui uno dei principali mestieri delle Autorità portuali.

Una mossa, quella del governo, piaciuta pochissimo al mondo delle banchine, ma che era nei patti presi da Roma con Bruxelles per incassare la rata di marzo del Pnrr: in attesa della riforma dei porti, promessa ieri dal ministro Matteo Salvini entro fine anno e che dovrà mettere ordine anche al tema delle concessioni, la soluzione trovata dai tecnici era considerata la meno peggio che si potesse individuare in poco tempo: “Ora però - dice D’Agostino - viene buttata via la professionalità delle Autorità portuali, e se per esempio deve entrare Cosco (cioè lo Stato cinese tramite il suo braccio shipping) a deciderlo è un algoritmo ideato a Torino dall’Autorità trasporti. E all’algoritmo non interessa se l’offerente sia cinese, russo...” insomma quali interessi abbia dietro: paradossalmente, se saranno rispettati tutti i parametri economicistici del caso, lo Stato sarà pronto a cedere un pezzo di asset strategico nazionale, com’è una banchina portuale, anche a soggetti oggi che sono geopolitcamente distanti dall’Italia, per usare un eufemismo.

Ma perché questo meccanismo è stato imposto solo a noi, quando un ruolo di così grande peso all’Autorità Trasporti (Art) non è scritto in alcun documento europeo? “La risposta è stata: perché voi avete sottoscritto il Pnrr” spiega Stefano Zunarelli, tra i maggiori esperti di diritto marittimo in Italia, che ricorda l’altro intervento della Commissione europea sui porti italiani, ossia la richiesta che le Autorità portuali paghino l’Ires come aziende private, perché l’esenzione dalla tassazione è considerata aiuto di Stato: “Una partita di giro, perché sono enti pubblici. Ma allora mi chiedo se vale la pena proseguire con un sistema che ormai presenta queste ambiguità, con tutti i problemi del pubblico, da ultimo l’appesantimento burocratico portato dall’algoritmo, e tutti quelli del privato”.

Già nei giorni scorsi Luca Becce, presidente dei terminalisti italiani con Assiterminal, annunciò la possibilità di fare un ricorso (“preferiamo comunque la discussione, anche se contro Art i ricorsi li abbiamo sin qui vinti tutti”): dal palco di Trieste il manager ricorda un altro aspetto problematico delle nuove linee guida, “che danno più peso al piano economico finanziario (Pef) del soggetto interessato alla concessione, piuttosto che al piano d’impresa”. “Il Pef - spiega Luigi Merlo, manager del gruppo Msc - implica una gestazione lunghissima. Alla Spezia ci siamo massacrati per due anni per ottenere una concessione. È il motivo per cui oggi nei porti più nessuno fa project financing. Detto questo - aggiunge Merlo - è anche vero che in questi anni le Authority con l’Art avrebbero dovuto cercare la strada del dialogo” specie a fronte di quell’assottigliamento delle strutture ministeriali, notato da Beniamino Maltese, vicepresidente della Confitarma, che doveva far intuire come progressivamente l’Art avrebbe avuto sempre più peso. Il conflitto non è stato la strada migliore.

Ora i porti faranno ricorso? Rodolfo Giampieri, presidente di Assoporti, ci pensa un po’: “Dobbiamo prima discuterne in assemblea, ma il tema è lavorare per cambiare”. Del resto il sistema ha bisogno di un tagliando: “Non dimentichiamo - dice Fulvio Lino Di Blasio, presidente del porto di Venezia - che siamo in questa situazione perché da anni nei porti si poneva un problema sulle concessioni”. Insomma, ogni porto aveva sue regole: sostituire questa prassi con un algoritmo è eccessivo, toccherà alla riforma trovare la mediazione.

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