Benassi: “Crociere, insistiamo contro il coronavirus. Solo così il settore potrà risollevarsi definitivamente”
Tre anni fa il coronavirus impazzava e le navi da crociera erano sinonimo di contagio. La britannica “Diamond Princess” subito colpita dalla pandemia rimase in quarantena a Yokohama per un mese
di Francesco Margiocco
Navi da crociera nel porto di Genova (pambianchi - freaklance)
Genova – Tre anni fa il coronavirus impazzava e le navi da crociera erano sinonimo di contagio. La britannica “Diamond Princess” subito colpita dalla pandemia rimase in quarantena a Yokohama per un mese.
Delle 3.711 persone a bordo, 712 contrassero il virus, 14 morirono. Sembrava la fine di un’era. La rete televisiva americana Hbo, un anno dopo, mandava in onda un documentario dal titolo inequivocabile: “L’ultima crociera”. Ma era una sentenza prematura, a giudicare dai segnali di vitalità che il settore sta mostrando.
Secondo Clarkson Research, società londinese di ricerca nel settore navale, lo scorso luglio erano in servizio 310 navi, il 93% della flotta mondiale, mentre un anno prima la metà di loro era ferma nei porti.
Il merito di questa guarigione sta, secondo Paolo Benassi, nella qualità degli equipaggi: “A metà 2021 la maggior parte delle compagnie di navigazione hanno ripreso il largo, con una rigida politica di sicurezza sanitaria, per proteggere la salute di ospiti, equipaggio e comunità locali”. Benassi, è stato vice-presidente all’hotellerie della Costa Crociere e oggi dirige il gruppo Maritime Holdings, società statunitense che fornisce personale per navi da crociera, corsi di formazione per equipaggi, programmi di sanificazione delle navi e altri servizi.
Da poco ha dato alle stampe un manuale intitolato World Class Shipboard Hospitality, una guida per una navigazione sicura nell’era del post-Covid. L’autore elenca le prescrizioni con precisione didascalica e con gli occhi sempre rivolti al cliente: "Test anti-Covid obbligatorio non più di 3-5 giorni prima dell’imbarco... domande sul Covid 19 nella dichiarazione sullo stato di salute obbligatoria prima dell’imbarco… negare l’imbarco a chi risulta avere dato risposte false”, e così via.
L’autore non nasconde le ferite: “L’industria crocieristica ha subito perdite per miliardi di dollari. Solo in Europa, secondo la Cruise Lines International Association, più di 200 mila lavori legati in modo diretto o indiretto al settore sono andati perduti. Le navi più vecchie sono state vendute o demolite”. L’industria ha però i suoi anticorpi, che Benassi sintetizza in un excursus storico: “La storia dell’industria crocieristica non è nuova agli alti e bassi. Quando negli anni Cinquanta fu lanciato il primo volo senza fermate intermedie transatlantico su un aereo della Boeing, le navi passeggeri persero in fretta il loro giro d’affari. Altre divennero navi da crociera... dove i crocieristi erano in larga misura ricchi pensionati”. Il passaggio da prodotto esclusivo a fenomeno di massa è cominciato, secondo Benassi, negli anni Settanta e grazie alla televisione e alla pubblicità: “La serie televisiva The Love Boat rese le crociere popolari in tutto il mondo e cambiò l’idea che fosse soltanto una vacanza per ricchi pensionati”. L’altra novità fu, nello stesso decennio, la campagna pubblicitaria del gruppo Carnival, primo gruppo al mondo nelle crociere: “Fino ad allora le compagnie pubblicizzavano la meta del viaggio”, la nave era solo un mezzo.
L’intuizione della Carnival fu di pubblicizzare le sue Fun Ships, navi del divertimento, in modo da rendere loro stesse la meta. Il passaggio da vacanza di élite a vacanza per famiglie si è completato negli ultimi trent’anni quando ai vecchi piroscafi da 15 mila tonnellate e qualche centinaio passeggeri si sono sostituite le nuove mega-navi da 150 mila tonnellate e più di 6.000 passeggeri.—
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