Le tensioni internazionali allungano le rotte / IL CASO
La previsione tracciata da Enrico Paglia, shipping analyst di Banchero Costa, tra le principali società di brokeraggio marittimo in Italia, è di quelle in cui è difficile capire cosa sperare, e questo vale in tutti e quattro i settori del trasporto marittimo analizzati dall’esperto

Genova - La previsione tracciata da Enrico Paglia, shippng analyst di Banchero Costa, tra le principali società di brokeraggio marittimo in Italia, è di quelle in cui è difficile capire cosa sperare, e questo vale in tutti e quattro i settori del trasporto marittimo analizzati dall’esperto, ma in particolare per quanto riguarda i container e le rinfuse secche. Partendo dal settore più impattante per i porti liguri, quello dei container, Paglia traccia l’andamento dei noli ripercorrendo gli sbilanciamenti del mercato che hanno portato, dopo 10 anni di depressione, al picco dei noli del 2021, riportando il caso di quattro navi di diverse categorie di questo segmento: «Se nell’estate del 2020 - dice Paglia al seminario sulle commodities organizzato dal Gruppo Giovani di Confitarma - il noleggio giornaliero di una portacontainer da 5.700 teu costava 10 mila dollari, oggi il prezzo si aggira intorno ai 120 mila».
Ma cosa succederà adesso? «Bisogna guardare al portafoglio ordini. Nel 2022 le consegne di nuove unità rimarranno ancora basse, mentre dal 2023 i cantieri sono carichi»: gli armatori sono tornati ad ordinare, proprio per fare fronte alla mancanza di stiva di questo periodo. «Dal 2023 entreranno in servizio 300 nuove navi, e altrettante negli anni successivi. Ma non credo che il prezzo scenderà finché non ritorneranno le efficienza nella logistica a terra». Il boom dei noli non è tanto dovuto a una carenza generale di navi, ma dal fatto che un grande numero di unità è costantemente fermo in attesa di entrare in porto. «Se entrano in servizio 300 navi, ma 299 rimangono in attesa di caricare e scaricare, diventa inutile. Proprio per questo penso che i noli, opinione del tutto personale, scenderanno un po’, troveranno una via di mezzo, ma non torneranno mai ai livelli ultradepressi del decennio passato».
RINFUSE E TENSIONI INTERNAZIONALI
Stesso discorso per il caso Russia: l’Europa importa il 43% del suo carbone da Mosca. Le materie prime non sono soggette alle sanzioni, ma i Paesi occidentali stanno dando dei segnali: «A quanto mi risulta - dice Paglia - in questo momento nei porti del Mar Nero nessuno sta imbarcando merce russa». Forse è un caso, ma l’Enel avrebbe già lanciato due tender per il trasporto del carbone dal Sud Africa. Economicamente parlando, Russia ed Europa hanno bisogno l’una dell’altra: non solo per il gas, ma anche per il greggio (dove però i noli sono destinati a rimanere bassi per ragioni diverse), e per il carbone. «La rotta per questa merce tra Russia ed Europa è breve, circa sei giorni. Se dovessimo importare dagli Usa, la rotta sarebbe doppia, per non parlare dell’Indonesia». Le opportunità di guadagno ci sarebbero, ma forse nessuno, è il messaggio, può davvero auspicare una rottura definitiva dei rapporti con la Russia e quello che ne può conseguire.