Genova celebra i jeans. Alessandra Grimaldi: “Quel primo acquisto a 11 anni, malgrado i dubbi di papà”
Il ricordo della figlia del “re” dello shipping, Aldo, in occasione dell’evento organizzato in città. “Me lo ricordo ancora quel momento. Ed ero così orgogliosa e così felice coi miei jeans comprati contando le monetine… Non sarei stata così felice neppure con un diamante da 100 carati”
Patrizia Albanese
Alessandra Grimaldi, armatrice genovese
Genova - Bastano due parole - blue jeans - e gli occhi azzurrissimi di Alessandra Grimaldi s’illuminano di gioia. E di orgoglio. Già, perché: “L’abbiamo inventato noi, il blue jeans. Così come il blu è sempre stato il colore di Genova. E’ il colore della ricchezza: nella pittura e nelle sete. Prezioso, perché derivava dalla polvere di lapislazzulo. E quando è nata la colorazione, nel XVI secolo, del blu di Genova erano fatte le vele e i teloni per la coperta delle navi. L’abbiamo inventato noi. Certo, qualcuno c’ha provato a imitarlo. Ma invano” considera Alessandra Grimaldi, consigliera di amministrazione della Grimaldi Holding. E spiega: “La Francia non si dava pace. Hanno provato e riprovato, senza riuscirvi. Gli veniva troppo chiaro: azzurrino. E hanno dovuto rassegnarsi. Abbiamo fatto storia in tutto il mondo col jeans. E dovremmo avere un fee dai grandi, che l’hanno poi usato”. Un po’ come la bandiera di Genova usata dagli inglesi, ai quali il sindaco voleva chiedere una sorta di risarcimento tardivo… “Eh, sì. Ma l’importante è non dimenticare l’origine del blue jeans. Da noi inizialmente usato per la marineria. In America, per i pantaloni dei minatori. Da noi, per chi lavorava in porto. Ma anche come stendardo per le processioni”. Una pausa e Alessandra Grimaldi riprende il suo racconto appassionato: “Dietro il blue jeans, c’è una grande storia. Nel lavoro, in porto, sulle navi…”.
La giornata inaugurale di Genova Jeans
E lei, che ricordo ha dei suoi primi jeans? “Premesso che non ne posso fare a meno. Che è un must del guardaroba e che il jeans è uno stile di vita, ricordo benissimo il momento dell’acquisto. Un’autentica conquista. Adoravo i pantaloni e le gonne jeans, ma all’epoca andavo dalle Marcelline. In divisa, tutta la settimana. A 12 anni, avevo ottenuto di poter mettere i jeans il sabato e la domenica. Ma con più d’un divieto: mio padre era molto severo”. E quindi jeans vietati dove? “Per andare insieme a Messa, a Boccadasse, erano in qualche modo tollerati. Ma con due possibilità, dettate da papà. Che mi aveva detto: “O non li metti, per rispetto. O se proprio vuoi, non cammini al nostro fianco. Siamo vestiti da famiglia normale, noi. Quindi, tu coi jeans o avanti o indietro. Non di fianco”. Ma io resistevo coi miei jeans e t-shirt. Sempre non ci fossero inviti, ma solo il pranzo domenicale in famiglia”.
E il primo acquisto? “Ah - sorride l’armatrice - Qui si deve tornare a un regalo che papà mi fece un giorno. Avrò avuto 7 anni. Tutta contenta, apro e delusissima vedo una scatoletta rossa di metallo, con due pomelli bianchi. Una cassaforte-salvadanaio in miniatura”. Pausa. “Può immaginare la mia cocente delusione. Ma papà, imperterrito, mi spiegò: “Questo è un regalo di buon senso, si chiama risparmio. Poi avrai un libretto di risparmio. Ma questa, a 7 anni, sarà la tua prima fonte di ricchezza. Che è appunto il risparmio”. Obiettai, che era vuota… E lui ci mise 100 lire. Poi, tra compleanno, il dentino, le nonne con le mille lire ogni volta... Può immaginare, quando chiesi i primi jeans, la risposta…”. E tornò utile la cassafortina rossa. “Molto fiera, presi i soldi dal salvadanaio, mettendoli in un sacchetto. Mi vergognavo un po’, per la verità. Ho detto, mi prenderanno mica per una ladra, con tutte queste monetine… Ma volevo i miei jeans da Luccardo, dove andavano tutti”. Be’, mica ci andò da sola a 11 anni. “Nooo. Andai col cameriere che doveva comprare delle cose nei vicoli. Intimandogli però di non entrare con me nel negozio”.
La voce si addolcisce e confida: “Guardi, me lo ricordo ancora quel momento. Ed ero così orgogliosa e così felice coi miei jeans comprati contando le monetine… Non sarei stata così felice neppure con un diamante da 100 carati”.
E da lì, i jeans sono stati sdoganati nel guardaroba dell’elegantissima Alessandra Grimaldi. “Non ne posso fare a meno. Un must del guardaroba. Mixati con qualcosa di prezioso sono sempre perfetti. Con una camicia bianca in seta, giacca nera elegante e lunghissimi fili di perle annodate sono sempre perfetti. In estate bianchi. Con t-shirt o camicie colorate. E’ uno stile di vita, di libertà. Spensierata. E poi, sono pratici. Non si sgualciscono, neppure in valigia. E quelli elasticizzati, sembrano tailor made. I jeans sono il passato, il presente e il futuro”.
I suoi sono stilosi? “Amo moltissimo quelli di Dolce e Gabbana, che li ricamano. Ma anche i Levi’s, Diesel. Sono moltissime ormai le aziende che fanno jeans. Ed è un capo trasversale. Per tutti. La nostra Carnaby Street era nei vicoli: via Prè, via del Campo. Tutti abbiamo sognato in jeans e Fruit of the Loom, dai. Le faccio un’ultima confessione”. Dica. “Mio papà, che pure li aveva tanto osteggiati, infine a Courmayeur in vacanza li metteva anche lui. E scarpinava felice nel verde”.
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