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Dogane, i rischi nascosti della Brexit / ANALISI

Un’uscita del Regno Unito senza un accordo preferenziale con la Ue, finalizzato a tutelare la circolazione di merci e persone, avrà grossi impatti sui sistemi economici, logistici e doganali di tutta Europa. Il tema all’Agorà2019 di Confetra

Bruno Pisano*
4 minuti di lettura

Roma - Sono trascorsi più di tre anni dal 23 giugno 2016, il giorno in cui, l’esito del referendum popolare, smentendo le previsioni di molti analisti, ha sancito l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea minando le certezze di gran parte dell’opinione pubblica. Mai, sino a quel momento, uno Stato membro si era avvalso della facoltà prevista dall’art. 50 del Trattato sull’Unione Europea che prevede la possibilità di ritiro conformemente alle sue norme costituzionali.

Il fatto che tale decisione fosse stata presa dal Regno Unito, che oltre ad essere un elemento imprescindibile nell’idea di Europa unita, rappresenta uno dei Paesi con le più antiche relazioni commerciali ed i più intensi scambi culturali con il resto del mondo ed in particolare con l’Italia, ha generato dubbi e stupore, successivamente cresciuti quando è diventato chiaro a tutti che il periodo previsto dal Trattato per definire le modalità di uscita dall’Unione sarebbe trascorso invano. Le cronache degli ultimi mesi hanno illustrato le contrapposizioni politiche interne che non hanno permesso di ratificare l’accordo di uscita dall’Unione europea del Regno Unito, mettendo ripetutamente in minoranza i premier Theresa May e Boris Johnson e rendendo sempre più concreta la possibilità, considerata incredibile sino a pochi anni fa, di una Hard Brexit ossia l’uscita dall’Unione Europea del Regno Unito senza nessun accordo, con il conseguente inquadramento del Regno Unito fra i Paesi extracomunitari le cui merci devono essere assoggettate a dazi e divieti economici in fase di importazione ed i cui cittadini devono essere assoggettati a controlli ed adempimenti previsti per i Soggetti extracomunitari provenienti da Paesi con i quali la Ue non ha sottoscritto accordi bilaterali.

La concessione di una proroga, da parte dei Paesi membri della Ue, inizialmente fino al 31 ottobre 2019 e successivamente sino al 31 gennaio 2020, ha permesso il rinvio di una scadenza che avrebbe sicuramente creato gravi difficoltà e conseguenze sulla circolazione di merci e persone. Un rinvio che, allo stato attuale, lascia aperti tutti gli scenari, incluso quindi quello della Hard Brexit per il quale il sistema doganale e logistico di tutta Europa sta cercando di organizzarsi tentando di analizzare scenari e impatti operativi.

Analizzando i dati nazionali emerge che il traffico aereo dei passeggeri in arrivo in Italia dal Regno Unito è imponente, negli ultimi anni sono stati in media oltre 12 milioni i passeggeri provenienti dal Regno Unito transitati negli aeroporti italiani a fronte di un totale di circa 25 milioni di viaggiatori extracomunitari. In caso di Hard Brexit saremmo, quindi, di fronte ad un incremento superiore al 45% che rischia di mettere a dura prova le procedure di controllo nazionali. Fatta eccezione per gli scali di Malpensa e Fiumicino, che registrerebbero un aumento ipotetico di circa il 20% dei passeggeri extracomunitari, gli altri scali nazionali dovrebbero gestire incrementi compresi tra il 50% ed il 200%. Importanti anche gli impatti relativi al traffico delle merci, il Regno Unito rappresenta per l’export Italiano il quinto Paese di destinazione al mondo, per un valore annuo che nel 2018 è stato superiore ai 25 miliardi di euro, e il decimo per quanto riguarda le importazioni con un valore di circa 14,5 milioni di euro.

Le transazioni commerciali, che diventeranno altrettante operazioni doganali, comporteranno l’incremento del 15% in export e del 20% circa in import del numero di dichiarazioni presentate agli Uffici doganali nazionali. Il dato evidenzia un chiaro rischio di tenuta degli attuali sistemi di controllo, che come noto, in Italia coinvolgono non solo l’Agenzia delle dogane, che vanta un sistema informatico di analisi dei rischi estremamente avanzato e da tempo sta lavorando per minimizzare gli eventuali impatti, ma anche gli Enti che effettuano controlli ai confini di diversa natura con particolare riferimento alle Autorità sanitarie già oggi in difficoltà nei punti in cui maggiore è il flusso delle merci.

Le problematiche legate ad una possibile uscita senza accordo del Regno Unito dalla Ue non sono, per l’Italia, limitate all’incremento esponenziale dei flussi ma sono più ampie e diffuse per una serie di fattori, primo fra tutti il fatto che circa il 42% delle aziende nazionali che gestiscono rapporti commerciali con il Regno Unito non hanno conoscenze legate alle normative ed agli adempimenti di importazione ed esportazione. Secondo i dati forniti dall’Agenzia delle dogane, che ha individuato preventivamente questi operatori economici per censirli e fornire loro il codice Eori, ossia l’identificativo che permette di effettuare gli adempimenti doganali da e per l’estero, sono oltre 28.500 i soggetti che spediscono o ricevono merci dal Regno Unito.

La mancanza di conoscenze legate alle normative doganali rischia di creare grandi difficoltà nella gestione di numerosi traffici che, per loro natura, richiedono operazioni particolari, basti pensare a tutta la componentistica che viene trasferita dall’Italia al Regno Unito e successivamente viene reimportata nel nostro Paese dopo aver subito lavorazioni o montaggi. Queste spedizioni, che sino ad oggi hanno potuto circolare senza vincoli, in futuro dovrebbero obbligatoriamente essere gestite con procedure di temporanea esportazione o importazione, rese estremamente lunghe e complicate dalla recente introduzione a livello comunitario del sistema delle “customs decisions” a seguito delle quali per ottenere una autorizzazione di questo tipo occorrono in alcuni casi anche 60 o 90 giorni.

Altri aspetti impattanti deriveranno dal cambio di origine doganale delle merci esportate, all’interno dei quali sono presenti componenti importate dal Regno Unito, che potrebbero modificare il prodotto da comunitario a extracomunitario anche se esportato da un’Azienda italiana con una serie di conseguenze e penalizzazioni fiscali e commerciali. Analizzando in maniera più approfondita la questione Brexit, è importante dividere la problematica legata all’accordo tra Regno Unito e Unione Europea da quella relativa alla riorganizzazione dei flussi logistici.

L’auspicato accordo tra Regno Unito e Unione europea infatti permetterà l’abbattimento, dei dazi e conseguentemente non penalizzerà dal punto di vista economico le merci oggetto di scambio. È doveroso, nel contempo, evidenziare che in ogni caso l’accordo non avrà particolari riflessi sulle attività logistiche perchè, indipendentemente dall’applicazione o meno dei dazi sulle merci, l’uscita del Regno Unito dalla Ue crea un confine che non esisteva più tra i due territori e rende obbligatorie le attività doganali che normalmente si svolgono presso i punti di frontiera.

Per questo motivo il sistema logistico e doganale dei due paesi, da mesi, si è strutturato per far fronte alle nuove necessità legate ai controlli fiscali e di sicurezza in maniera da evitare colli di bottiglia soprattutto nel punto che è stato ridefinito “il confine della Brexit” tra Calais e Dover. Intenso è stato il lavoro svolto sino ad oggi sia per la parte pubblica che per quella privata, numerosi gli incontri ed i tavoli di lavoro per valutare gli impatti e progettare un sistema di semplificazioni, nel rispetto delle normative Unionali, che tenga conto degli aspetti fiscali e di sicurezza garantendo la fluidità dei traffici.

A questo proposito Confetra, in accordo con l’Agenzia delle dogane, ha aperto una linea telefonica ed una casella email attive H24 per dare supporto e informazioni in materia di Brexit, contemporaneamente si stanno intensificando gli interventi di consulenza che gli Spedizionieri doganali, i Centri di assistenza doganale e i Professionisti della logistica e dei trasporti stanno effettuando a favore delle Imprese che hanno necessità di modificare ed adeguare le loro procedure di spedizione in attesa di capire come evolveranno trattative e scenari entro il prossimo 31 ottobre, data che, qualunque sia l’esito delle trattative, rappresenterà la fine di un’epoca. Temi che saranno sviluppati anche oggi, in occasione di Agorà2019. In sintesi un’uscita del Regno Unito senza un accordo preferenziale con la Ue, finalizzato a tutelare la circolazione di merci e persone, avrà grossi impatti sui sistemi economici, logistici e doganali di tutta Europa.

È impossibile ad oggi ipotizzare cosa succederà dopo il 31 gennaio ma, pur in una situazione di inevitabile incertezza, tutto il mondo delle spedizioni e dei trasporti del nostro Paese, sia per quanto riguarda la parte pubblica che quella privata, ha la certezza di aver fatto e di continuare a fare tutto quanto necessario per farsi trovare pronto ad affrontare e superare le inevitabili problematiche che un evento epocale come Brexit presenterà.

*Presidente di Assocad

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