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Porti, via alla riforma delle concessioni: sarà un algoritmo a stabilirne la durata | Il retroscena

A vederlo su quel foglio, con tutte quelle sigle e quelle parentesi, l’algoritmo che compone uno degli elementi del Piano economico finanziario, capitolo indispensabile per capire quanto potrà durare una concessione portuale, fa impressione

di Simone Gallotti
2 minuti di lettura

Una portacontainer nel porto di Genova

 (ansa)

Genova – A vederlo su quel foglio, con tutte quelle sigle e quelle parentesi, l’algoritmo che compone uno degli elementi del Piano economico finanziario, capitolo indispensabile per capire quanto potrà durare una concessione portuale, fa impressione.

Non solo ai profani della matematica complessa, ma anche ai tecnici delle Authority portuali a cui è capitato nelle mani il documento che contiene le linee guida per il rilascio delle concessioni degli scali italiani: “Ci vuole uno scienziato” commentavano ieri negli uffici, un po’ spaventati da quelle formule così bocconiane che non sembrano in verità molto in linea con il retroterra culturale delle banchine italiane, ma più aderenti a chi le linee guida le ha scritte.

La bozza che anche Il Secolo XIX ha potuto visionare, è stata scritta a inizio febbraio e, giurano i bene informati, ha subito qualche modifica negli ultimi giorni, ma non sostanziale. Si tratta di poco meno di 15 pagine ritenute indispensabili dal settore portuale, perché è sulla durata della concessione che si tarano gli investimenti nei terminal e il futuro del traffico marittimo del Paese.

Il governo le sta ancora elaborando, anche se siamo ormai nella fase finale come confermano a Roma, ma già questa bozza ha provocato un mezzo terremoto nel cluster. Il documento è la conseguenza del regolamento sullo stesso tema che aveva ricevuto il via libera a fine 2022 e serve per chiarire le nuove regole.

Uno dei punti critici su cui maggiormente si concentra l’attenzione degli operatori è la durata della concessione. Il rapporto tra il tempo e gli investimenti previsti, determina l’arco temporale.

Ma al punto 7 delle linee guida si spiega che "in linea generale le Adsp dovrebbero evitare di rilasciare concessioni per periodi eccessivamente lunghi, superiori a cinque anni o al periodo necessario ad ammortizzare gli investimenti già approvati nell’ambito degli strumenti di pianificazione strategica del porto”: i cinque anni previsti servono allo scopo dichiarato di “non restringere eccessivamente la libera concorrenza, assicurando la periodica contendibilità delle banchine”, ma sembrano un po’ distanti dalla realtà.

Le concessioni esistenti sono in maggioranza pluridecennali anche perché c’è l’esigenza di garantire la continuità degli investimenti non solo infrastrutturali dei gruppi terminalistiche di questa circostanza il documento sembra rendersene conto solo quando prevede che nel caso la richiesta dell’operatore sia per un "periodo superiore a 40 anni, l’Adsp richiede al ministero un parere preventivo”. Anche così c’è un dato che fa sorridere lo shipping: “È il regolamento dei buoi già scappati - spiegava ieri una vecchia volpe dei moli -. Ormai tutte le grandi concessioni sono state rinnovate”. Proprio sul rinnovo nel documento si dice che la proroga è prevista in casi eccezionali, per meno di 10 anni e solo per una volta.

Altro punto debole: il calcolo della redditività di una concessione è complicato e non è detto che in tutte le Authority ci sia personale in grado di applicarlo correttamente. È previsto poi un monitoraggio costante delle Autorità portuali sulle concessioni, per capire cioè se i piani vengano rispettati.

Ma in caso di inadempienza, cosa succede? Non è infatti automatica la revoca, ma è "eventuale”, nel caso di uno “scostamento negativo rispetto agli obiettivi previsti”: al momento sono più i nemici delle linee guida che gli amici, almeno nel cluster che pure aspetta da sempre una regolamentazione delle concessioni.

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