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Concessioni demaniali marittime: dalla Corte di Giustizia si attendono le indicazioni per la riforma del principio dell’acquisizione gratuita allo Stato delle opere non amovibili a fine concessione

A cura di Asla – l’Associazione degli Studi legali associati

di Marco Cottone*
3 minuti di lettura

Il porto di Vado Ligure

 

Milano – Il Consiglio di Stato rinvia, ancora una volta, ai giudici comunitari la questione circa la conformità al diritto comunitario di alcuni punti sulla disciplina delle concessioni delle aree demaniali marittime.

Si tratta del rinvio avvenuto con ordinanza n. 8010 del 15 settembre 2022 con la quale la Corte di Giustizia UE è stata chiamata a pronunciarsi sulla conformità al diritto europeo della normativa nazionale sull’affidamento delle concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative e, tra le altre cose, su un profilo specifico relativo all’applicazione dell’art. 49 del Codice della navigazione.

Il richiamato articolo 49 cod. nav. prevede che “Salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato”.

Sulla portata dell’art. 49 cod. nav. la dottrina e la giurisprudenza si sono interrogati da lungo tempo in quanto il trasferimento della proprietà delle opere dal soggetto privato al patrimonio statale al momento della cessazione del rapporto concessorio, come sancito da detta norma, se da un lato si configura come un’applicazione particolare dell’istituto dell’accessione, di cui all’art. 934 c.c., dall’altro lato si presenta come una deroga rilevante rispetto alla previsione generale del pagamento di un indennizzo che, qualora il proprietario del fondo intenda non optare per l’abbattimento delle opere, è pari al valore dei materiali e della mano d’opera oppure all’aumento di valore recato al fondo.

Tra gli interrogativi più frequenti che si è posta la giurisprudenza nazionale vi è anche la corretta individuazione della fattispecie che legittimerebbe, ai sensi dell’art. 49 cod. nav., la devoluzione delle opere al patrimonio dello Stato al momento della cessazione della concessione. In particolare ci si è chiesti se con il termine “cessare” il legislatore abbia inteso riferirsi – oltre alle ipotesi “classiche” di estinzione del rapporto (scadenza, revoca, decadenza, rinuncia) – anche al mero rinnovo allo stesso soggetto del titolo concessorio.

La giurisprudenza non ha ancora fornito un orientamento unanime e sul punto persiste un contrasto che vede contrapposte: una prima interpretazione della norma secondo la quale l’acquisizione gratuita si verificherebbe anche in caso di rinnovo automatico, qualora l’estinzione del precedente rapporto sia seguita dal contestuale rilascio di una nuova concessione, e un diverso orientamento che propende per la non applicazione della previsione in argomento nelle ipotesi di rinnovo automatico senza soluzione di continuità del titolo concessorio.

Sul punto sembra dirimente una decisione del Consiglio di Stato che ha chiarito che “il principio dell’accessione gratuita – fortemente penalizzante per il diritto dei superficiari e per gli investimenti, che potrebbero contribuire alla valorizzazione del demanio marittimo – dovrebbe ritenersi disposizione eccezionale e di stretta interpretazione, con riferimento all’effettiva cessazione – e non alla mera scadenza – del rapporto concessorio, per la comprensibile esigenza di assicurare, in tal caso, che le opere “non amovibili” destinate a restare sul territorio e a essere rimosse con inevitabile distruzione, tornino nella piena disponibilità dell’ente proprietario del suolo, a fini di corretta gestione di quest’ultimo (quando non più in uso del concessionario) per finalità di interesse pubblico. Detta esigenza non può evidentemente ravvisarsi quando il titolo concessorio preveda, come nel caso in specie, forme di rinnovo automatico o preordinato in antecedenza, rispetto alla data di naturale scadenza della concessione, tanto da configurare il rinnovo stesso – al di là del nomen iuris – come una vera e propria proroga, protraendosi il medesimo rapporto senza soluzione di continuità” (cfr. in tal senso Cons. Stato, Sez.VI, 26.5.2010, n.3348).

Per meglio comprendere la ratio che sottostà all’art. 49 cod. nav., è importate rilevare che tale previsione è il prodotto di un ordinamento giuridico ove la concessione di beni pubblici marittimi si caratterizzava per un accentuato contenuto autoritativo senza alcuna considerazione circa gli effetti commerciale derivanti dall’accessione gratuita che, invece, oggi diventano determinanti (si pensi all’industria balneare ma anche a quella portuale).

Da tempo, infatti, si discute circa la necessità di modificare tale disciplina che spesso rappresenta un ostacolo soprattutto per quei finanziamenti c.d. in project in ambito portuale, quando il soggetto finanziato è titolare di una concessione demaniale già in essere che non contiene disposizioni contrattuali di segno contrario al dettato normativo.

La riforma del codice della navigazione troverebbe anche le sue ragioni in un contrasto con l’art. 42 della Costituzione, visto che la norma in argomento realizzerebbe un’ipotesi di espropriazione senza indennizzo del compendio di proprietà del concessionario in conflitto con i principi comunitari sul diritto di proprietà, che trovano applicazione interna mediante la norma costituzionale e che sono contenuti all’art.1 del 1° protocollo addizionale alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) e all’art.17 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (Carta di Nizza).

Proprio la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nell’affermare il principio dell’equo indennizzo a favore dei soggetti privati nelle procedure espropriative per pubblica utilità (v. decisione del 29 marzo 2006, in causa Scordino contro Italia), ha osservato che l’art.1 del 1° protocollo addizionale della CEDU, nelle sue proposizioni, si riferisce con previsione chiaramente generale a tutti beni (dunque anche quelli che insistono sul demanio), senza operare distinzioni in ragione della qualitas rei.

Si dovrà dunque attendere la decisione dei giudici comunitari, prevista per la metà del mese di aprile, che auspicabilmente si pronuncerà: sia sulla portata del dettato interno dell’art. 49 cod. nav., sia sui potenziali conflitti con le norme comunitarie sopra richiamate e l’art. 42 della Costituzione.


*Avvocato, Counsel – Dipartimento di Diritto della Navigazione e dei trasporti – Legance Avvocati Associati

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