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Giampieri (Assoporti): “Mediterraneo cruciale per lo sviluppo europeo. L’Ue sia meno nordista”

“L’Italia ha geograficamente un ruolo importante per la prossimità al Nord Africa, area che rappresenta un elemento di sviluppo presente e futuro. Viviamo una situazione che difficilmente si ripresenterà,anche grazie alla disponibilità di risorse economiche ingenti da investire”

Alberto Ghiara
2 minuti di lettura

Rodolfo Giampieri

 

I porti italiani come si possono adattare ai cambiamenti in corso, che riguardano anche la filiera logistica, e affrontare il futuro? “La profonda trasformazione in atto - risponde il presidente di Assoporti, Rodolfo Giampieri - va interpretata con strategie illuminate e non subìta. Lo scenario è fortemente condizionato da eventi imprevisti e imprevedibili: pandemia, guerra, aumento materie prime, inflazione. La reazione del mercato in questa situazione è stata di accorciare la filiera logistica per avere un maggior controllo sulla produzione. Ciò porta un cambiamento: dal concetto di just in time, l’abitudine all’arrivo di merci provenienti dall'altra parte del mondo in 30-40 giorni, al ritorno all’utilizzo dei magazzini e una crescita dell’utilizzo di navi ro-ro e ro-pax. Il mar Mediterraneo è di nuovo centrale. Questa è la situazione complessiva da cui occorre partire per disegnare nuove strategie”.

In che modo?
“L’Italia ha geograficamente un ruolo importante per la prossimità al Nord Africa, area che rappresenta un elemento di sviluppo presente e futuro. Viviamo una situazione che difficilmente si ripresenterà,anche grazie alla disponibilità di risorse economiche ingenti da investire. I filoni da seguire sono quelli che hanno guidato la redazione del Pnrr: il miglioramento delle infrastrutture, il miglioramento delle infrastrutture tecnologiche, l’intermodalità, la sostenibilità ambientale, economica e sociale. I tempi fissati dal Pnrr per la realizzazione delle opere scadono nel 2026 e non sappiamo se saranno prorogati, per cui occorre affidarsi anche ad altri strumenti finanziari come il Fondo complementare: perché ci sono progetti impossibili da realizzare entro il 2026, come a esempio la Nuova diga di Genova o il raddoppio della ferrovia Orte-Falconara. Dobbiamo sfruttare tutte le risorse disponibili”.

Che ruolo potranno svolgere per i porti le nuove tecnologie?
“L’informatizzazione è entrata prepotentemente nei porti, portando efficienza organizzativa. Penso a esempio agli spostamenti fisici che erano necessari per i rapporti fra spedizionieri e dogane, che oggi sono stati informatizzati, favorendo anche una maggiore sostenibilità ambientale. Siamo convinti che ricerca e tecnologia salveranno il sistema dei trasporti e lo stesso pianeta. In questo caso penso anche alle ricerche in corso sui nuovi carburanti, così come l’elettrificazione delle banchine. Sono progetti importanti e ambiziosi che guardano al futuro”.

Pensa che la creazione di hub energetici nei porti sia una prospettiva realizzabile?
“Quello di hub energetico è un concetto importante se si riferisce alla creazione di energia da fonti rinnovabili, ma non può essere espressione della portualità. I porti sono un luogo che garantisce spazi, ma la strategia energetica di un paese è tema dello Stato, anzi lo allargherei alla Ue. E’ un tema troppo delicato per essere affrontato a macchia di leopardo”.

A che punto è la trattativa con l’Unione europea sullo status dei porti italiani?
“Nei giorni scorsi c’è stata un’udienza del Tribunale europeo in Lussemburgo sul ricorso presentato dalle Autorità portuali italiane e da Assoporti contro la richiesta della Commissione di tassare i porti come se fossero attività economiche. È una battaglia non semplice dal punto di vista legale. Da quello che ci è stato riferito dai nostri legali l’udienza è stata approfondita, è durata dalle 9 alle 16, e la sentenza dovrebbe arrivare in un periodo fra i prossimi giorni e metà giugno. Vorrei inserire a questo punto una riflessione sulla necessità di un riequilibrio delle strategie dell’Ue tra i porti del Nord e Sud Europa, dato che il Mediterraneo è tornato al centro degli interessi economici. Perché le partite importanti si giocheranno in quest’area. Occorre incidere sulle politiche economiche di sviluppo dei paesi del Nord Africa, fondamentali per le nuove strategie dell’Unione. Lo sforzo maggiore è cambiare la mentalità “nordista” dell’Unione, nell’interesse stesso dell’Europa, che non può permettersi di perdere il treno della ripartenza”.

Che prospettive si aprono?
“Bisogna capire che il campo di gioco non è più quello di prima, cambiano i punti di riferimento e occorre attenzione per cogliere sostanza e sfumature. Ci giochiamo il futuro, la creazione di ricchezza e posti di lavoro, la modernizzazione”.

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