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Terzo valico, gli ultimi metri stregati: corsa per liberare la talpa intrappolata

È ormai da luglio che Daniela, la gigantesca talpa meccanica che sta scavando una delle due gallerie parallele che dovranno comporre il futuro tunnel ferroviario del Terzo valico, è bloccata nelle viscere dell’Appennino

di Alberto Quarati
2 minuti di lettura

Genova – È ormai da luglio che Daniela, la gigantesca talpa meccanica che sta scavando una delle due gallerie parallele che dovranno comporre il futuro tunnel ferroviario del Terzo valico, è bloccata nelle viscere dell’Appennino, nel punto più profondo di tutta la tratta, circa 300 metri sotto terra, a meno di due chilometri dalla meta finale.

I tecnici del consorzio guidato da WeBuild, che sta realizzando l’opera, stanno studiando come uscire dall’impasse: il problema è geomeccanico. Le montagne, pure se in maniera meno che millimetrica, impercettibile, camminano sempre.

La talpa si è fermata perché in quel punto la montagna cammina come gli ingegneri non potevano prevedere: quindi stop, per mettere in sicurezza persone e macchinari, ed evitare di costruire un’opera malata, che una volta ultimata avrebbe potuto nella migliore delle ipotesi generare una sequela di cantieri di consolidamento, con il relativo corollario di ritardi, costi e malfunzionamenti.

I tecnici hanno rilevato il problema quest’estate, dopo che la fresa è rimasta danneggiata. Hanno cominciato a fare i carotaggi e il mese scorso Daniela è stata fatta arretrare di qualche metro, con gli impianti, i nastri trasportatori e tutto quello che ci è voluto per montarla e farla marciare per otto chilometri e cinque anni sotto le montagne.

LO SCAVO DA SUD
Il tunnel principale del Terzo valico, 27 chilometri (quindi oltre 50 da scavare, perché composto da due gallerie, una dove correranno i treni a scendere, l’altra per quelli a salire) è suddivisa in cinque cantieri, da cui partono e arrivano gli scavi delle varie sezioni di galleria, lavorate sia da Nord che da Sud.

La talpa era partita nel 2018 dal cantiere Radimero, nella zona di Arquata Scrivia, in direzione Sud, per scavare il tratto piemontese della galleria pari (quindi quella che ospiterà i treni da Genova verso la pianura, stando al linguaggio tecnico ferroviario).

Doveva arrivare fino al cantiere successivo, quello di Vallemme, che più o meno in linea d’aria è all’altezza di Voltaggio: è rimasta bloccata a 1.600 metri dalla meta. Circa un mese fa i lavori hanno ripreso, ma dall’altra parte, quindi dal cantiere Vallemme, verso Nord.

E con la tecnica tradizionale: fori nella roccia, cariche controllate di esplosivo, consolidamento della volta col calcestruzzo, rimozione dei detriti e avanti così. Si tratta della tecnica utilizzata per gli ammassi rocciosi più instabili, e quasi tutto il tratto ligure del Terzo valico è stato scavato così, a parte le sezioni più vicine a Genova.

I tempi dell’operazione per completare questo tratto della galleria non sono ancora chiari, perché i carotaggi nel punto dove è bloccata la talpa Daniela si stanno avviando adesso a conclusione, e ancora non è certo se la talpa potrà tornare ad avanzare, oppure se per raggiungere il cantiere Vallemme dovrà essere utilizzata la tecnica tradizionale, con lo smontaggio anzitempo di Daniela.

I termini rimangono quelli fissati dal commissario governativo all’opera, Calogero Mauceri: Terzo valico ultimato a fine 2024, collaudo prima metà del 2025. L’opera è finanziata per la sua parte restante coi fondi del Pnrr, che esigono il collaudo nel 2026.

Un po’ di margine c’è, le incognite anche: oltre alla risoluzione di questo impasse, c’è da capire quale sarà il percorso della talpa Paola (nei cantieri si usa dare alle frese nomi femminili), che deve percorrere lo stesso tratto di Daniela ma nella galleria dispari e che oggi è in manutenzione, in attesa di capire come potranno essere affrontati gli ultimi metri maledetti per raggiungere Vallemme. Senza contare la sanzione dell’Anac, comminata al Consorzio a fine dicembre, perché le aziende appaltatrici del cantiere sono meno del 60% rispetto a quelle consorziate, e quindi sono sotto i livelli richiesti dall’Unione europea.

L’Anticorruzione invita il consorzio a rifare le gare o rivedere il perimetro aziendale di WeBuild, nella cui pancia sono finite molte aziende che lavoravano al Terzo valico e sono poi fallite. Il gruppo starebbe pensando al ricorso: e anche in questo caso la giustizia amministrativa vorrà la sua dote di tempo.

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