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Tir, la gelata sui mezzi green: "Costano troppo, flotte ferme”

Nel 2022 l’autotrasporto italiano è cresciuto rispetto al 2021 dell’1,3%, per un totale di 100.245 aziende. Secondo i dati illustrati sull’organo ufficiale dell’Albo degli autotrasportatori, sono cresciute di oltre il 3% le aziende con un parco veicoli superiore a 51 unità

di Alberto Quarati
Aggiornato alle 2 minuti di lettura

Genova – Nel 2022 l’autotrasporto italiano è cresciuto rispetto al 2021 dell’1,3%, per un totale di 100.245 aziende. Secondo i dati illustrati sull’organo ufficiale dell’Albo degli autotrasportatori, cioè il registro nazionale della categoria, sono cresciute di oltre il 3% le aziende con un parco veicoli superiore a 51 unità (in totale 2.427), sostanzialmente invariato il numero di quelle tra due e 50 unità (oltre 57 mila aziende), mentre sono 18.400 le aziende dell’autotrasporto senza veicoli, di cui ben 16 mila, ha spiegato a Tir il presidente dell’Albo, Enrico Finocchi “probabilmente saranno cancellate”.

IL NODO DEI CARBURANTI
Complessivamente, la flotta delle motrici registrata in Italia è di 4,7 milioni di mezzi, di cui 4,3 milioni alimentati a gasolio e 209 mila a benzina. Solo una quota residuale oggi quindi viaggia con carburanti alternativi: la soluzione più apprezzata dalle aziende è la motrice a doppia alimentazione benzina-metano, mentre complessivamente i mezzi ibridi (gasolio-elettrico o benzina-elettrico) sono 33.600, quelli solo elettrici 12.400.

La mosca bianca è il camion a Gpl: solo 197 unità in tutta Italia. Numeri piccoli, incrementi vertiginosi: dal 2019 al 2022 l’ibrido gasolio-elettrico è cresciuto del 3.185%, il tutto elettrico del 114%. Dopo il boom degli anni passati, il fronte dei carburanti alternativi oggi è congelato: "Molte imprese committenti - spiega Patrizio Ricci, vicepresidente dell’Albo - hanno spinto perché le aziende su cui fanno viaggiare le loro merci investissero su mezzi alimentati con carburanti alternativi o elettrici, per dare un’immagine di sostenibilità ambientale. Molte grandi aziende di autotrasporto hanno investito autonomamente per ragioni affini, e fin tanto che per esempio il Gnl era venduto a 40 centesimi al chilo (oggi è sui 2,3 euro ndr), l’operazione era motivata sotto il profilo economico: si compra una motrice che costa 20 mila euro in più della media, che però si ammortizzano con i costi di consumo ridotto. Ma da quando i prezzi sono decollati, questi mezzi sono fermi nei piazzali. Detto questo, globalmente rispetto al 2019 la flotta è comunque cresciuta sotto il profilo della sostenibilità ambientale, con un fortissimo incremento dei mezzi Euro 6”.

Secondo i dati dell’Albo, questi ultimi sono 1,2 milioni (cresciuti del 74,6% rispetto al 2019), mentre progressivamente tutti le classi di mezzi più inquinanti vanno riducendosi, come si può vedere dal grafico sopra questo articolo.

LA SITUAZIONE DELLE AZIENDE
Tra le aziende, dice Ricci, c’è anche una riduzione della parcellizzazione delle imprese: “Progressivamente, la dimensione delle imprese sta crescendo. È vero che i soggetti che possiedono un singolo mezzo sono ancora tanti, ma oggi possiamo dire che il segmento più diffuso tra le aziende italiane dell’autotrasporto è quello si colloca tra le due e le cinque unità in flotta. Piano piano c’è una crescita, che del resto è imposta anche dai modelli logistici che si sono diffusi, durante e dopo la pandemia: il boom del commercio digitale, con la crescita anche sui territori dei centri legati all’e-commerce, ha per esempio aumentato la domanda di navettamento da un centro logistico a un altro. E così sta facendo anche la logistica dei container, spesso legata ai meccanismi dell’intermodalità: si tratta di modelli che richiedono al trasportatore di dotarsi di più mezzi per poter rispondere alle richieste del mercato. Per quanto riguarda invece le aziende senza veicoli, stiamo progressivamente individuando chi tra questi soggetti ha una reale necessità di operare in questo assetto, e chi invece - e questo la legge non lo permette - ha un’azienda solo per poter intercettare una commessa e subappaltarla o sub-sub-appaltarla. È un lavoro lungo, perché deve essere informato dal garantismo, ma stiamo riuscendo a individuare chi opera lecitamente sul mercato e chi no”. —

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