Inquinamento delle navi, il rebus della misurabilità / FOCUS
Gli obiettivi green sono fissati, ma non c’è un parametro comune. Da parte sua l’Organizzazione internazionale marittima (Imo) ha proposto un indicatore dell’intensità di carbonio, che assegnerebbe alle navi una valutazione (da A ad E) basato sulle loro emissioni in operatività
Elisa Gosti
Calcolare le emissioni dei trasporti marittimi richiede la massima precisione e correttezza. Scegliere il sistema appropriato assicura la sopravvivenza della filiera di produzione e distribuzione: non ci sono dubbi sul fatto che il settore automobilistico abbia un assoluto bisogno di fare un passo avanti riducendo il livello delle emissioni di anidride carbonica ma come può essere effettuata questa misurazione, e soprattutto come si può essere certi che le regolamentazioni adottate non creino vantaggi per alcuni e svantaggi per altri?
Da settembre 2018 tutti i nuovi veicoli hanno dovuto necessariamente aderire ai parametri della nuova Procedura di test armonizzata per Veicoli leggeri, che punta a fornire cifre più consone rispetto al consumo di carburante. Le navi, che possono trasportare diverse tipologie di carico, utilizzano però differenti tipi di carburante e sono gestite in modi diversi, rappresentando una situazione dissimile: «Insomma, bisogna confrontare mele con mele, specialmente quando si opera in uno scenario competitivo - spiega Michael Maass, vicepresidente delle Soluzioni sostenibili per il Trasporto marittimo del gruppo svizzero delle spedizioni Kuehne+Nagel -. Ma procedendo per proverbi, va detto anche che il diavolo sta nei dettagli, considerando che esistono diversi parametri che possono essere applicati nel calcolo delle emissioni: le variabili, a questo proposito, sono immense. La mia prima raccomandazione quando si entra in discussioni di questo tipo con i clienti è che è assolutamente necessario avere un quadro chiaro di quali siano i parametri che devono essere considerati». Per monitorare le emissioni prodotte dalle proprie filiere produttive e distributive Renault, il costruttore di auto francese, ha aderito al Fret 21 Charter, approvato in occasione del summit sul clima di Parigi sia da Autf (l’associazione logistica francese) sia da Ademe (l’agenzia governativa francese per la transizione ecologica). Nell’ambito di questo gruppo è stata sviluppata da Ademe una metodologia di monitoraggio dedicata alle attività di trasporto: si tratta tuttavia di un’iniziativa volontaria, che da sola non ha la capacità di eliminare il pericolo potenziale di comparazioni scorrette.
Da parte sua l’Organizzazione internazionale marittima (Imo) ha proposto un indicatore dell’intensità di carbonio, che assegnerebbe alle navi una valutazione (da A ad E) basato sulle loro emissioni in operatività. Questo significa che diversamente da quanto avviene con la regolamentazione delle emissioni delle automobili, i miglioramenti possono essere ottenuti tramite opportuni cambiamenti applicati alla gestione stessa delle navi, piuttosto che a modifiche delle attrezzature. L’Imo punta quindi a rivedere le proposte e a renderle effettive dal 2026. Tuttavia, va rimarcato, si tratta solamente di un annuncio diffuso alla fine dello scorso anno e gli ultimi dettagli ancora non sono chiari:
«Esiste un assoluto bisogno di una metodologia standardizzata per calcolare le emissioni prodotte dallo shipping - afferma Daniel Gent, dirigente dedicato all’Energia e alla sostenibilità della compagnia di navigazione norvegese Uecc, specializzata nel trasporto delle automobili -. In base a quello che attualmente conosciamo sull’indicatore proposto dall’Imo, temiamo che il sistema rischi di penalizzare le unità ro-ro. Questo perché la maggior parte delle tecnologie, inclusa quella messa a punto dalla braccio marittimo delle Nazioni Unite, misura la capacità e l’efficienza dell’imbarcazione in base al peso del carico trasportato, mentre i ro-ro lavorano sui volumi». Occorre quindi un ripensamento complessivo sulle misurazioni da applicare, per favorire una scelta che tenga conto delle caratteristiche della nave e delle modalità utilizzate. Questo potrebbe comportare anche una revisione del modo di lavorare, e soprattutto di quella mentalità adatta a fare in modo che la sostenibilità diventi una condizione necessaria nel processo decisorio delle filiere distributive.
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