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«Ansaldo Nucleare e i mini reattori: la transizione green apre opportunità» / INTERVISTA

«Lascio un’azienda solida con ottime prospettive e l’opportunità di creare nuove sinergie con Ansaldo Energia». Ultima giornata di lavoro alla guida di Ansaldo Nucleare per Luca Manuelli, che lascia Genova per tornare nella sua Roma

Gilda Ferrari
2 minuti di lettura

Genova - «Lascio un’azienda solida con ottime prospettive e l’opportunità di creare nuove sinergie con Ansaldo Energia». Ultima giornata di lavoro alla guida di Ansaldo Nucleare per Luca Manuelli, che lascia Genova per tornare nella sua Roma, dove andrà a ricoprire il ruolo di amministratore delegato in Ater. Assumerà le deleghe Roberto Adinolfi, presidente di Ansaldo Nucleare, per la quarta volta ad in attesa che i vertici della controllante Ansaldo Energia selezionino il nuovo capo azienda. Manuelli, era entrato in Ansaldo Energia nel 2012, chiamato da Giuseppe Zampini, allora ad e oggi presidente al fianco dell’ad Giuseppe Marino.

Per anni si è occupato di sistemi informatici e digitali. Nel 2018 diventa chief digital officer, la fabbrica di Ansaldo Energia diventa Lighthouse Plant, la prima fabbrica faro di Industria 4.0, un progetto voluto dal ministero dal Mise e dalla Regione Liguria. Nel 2020 Marino decide di assegnargli la guida di Ansaldo Nucleare, 150 addetti in Italia più 200 nel Regno Unito: «Allora il gruppo, Ansaldo Nucleare e la controllata inglese Ansaldo Nuclear Ltd, aveva ricavi per 63 milioni e il margine operativo era negativo. Per il 2021 le stime di bilancio, che sarà approvato a maggio, parlano di ricavi a 75 milioni e di un margine operativo positivo. Il portafoglio ordini è salito da 128 a 157 milioni. Relativamente alla sola Ansaldo Nucleare, nel 2019 i ricavi erano pari a 38 milioni e la perdita era di 15 milioni, il portafoglio ordini era 67 milioni. Le stime di bilancio 2021 dicono che i ricavi sono aumentati del 40% a 46 milioni, si è raggiunto il pareggio e il portafoglio ordini è di 116 milioni. Lascio un’azienda solida, con importanti prospettive di crescita davanti».

Gli ambiti di intervento di Ansaldo Nucleare si sono estesi in questi anni?
«Stiamo mettendo a fuoco la visione new clear, in cui le nuove tecnologie nucleari di quarta generazione si confrontano con il nuovo scenario di sostenibilità. Tre i nostri filoni di attività. Il primo è lo smantellamento delle centrali nucleari esistenti e gestione delle scorie radioattive: in Italia solo il 3% dei ricavi derivano da Sogin; tutto il resto lo facciamo nel Regno Unito. Fusione e fissione gli altri due pilastri. Sul fronte fusione siamo coinvolti nel progetto Iter di Cadarache, dove in 10 anni i nostri consorzi hanno preso 600 milioni di ordini su 1,6 miliardi presi dalle aziende italiane e otto miliardi investiti complessivamente nella costruzione del reattore. Recentemente abbiamo vinto una gara per il progetto italiano Dtt, che ci permette di capitalizzare l’esperienza fatta in Francia».

La fissione, i mini reattori?
«La fissione è una tecnologia che può avere un’applicazione industriale più ravvicinata rispetto alla fusione. Prevediamo che tra il 2025 e il 2030 possano arrivare i prototipi di questi reattori. Ci diversi progetti in corso, abbiamo attivato alcune collaborazioni, tra cui quella con Enea, con cui stiamo sviluppando il progetto “Alfred” in Romania: è uno dei primi prototipi in Europa, sviluppiamo questa tecnologia anche se non sarà applicata in Italia. Abbiamo poi una collaborazione con Westinghouse per lo sviluppo di un mini reattore in Inghilterra».

Qual è la portata innovativa dei mini reattori?
«Saranno più piccoli e più sicuri, avranno meccanismi di sicurezza passiva. I moduli potranno essere prefabbricati e questo coinvolge la fabbrica di Genova di Ansaldo Energia, che potrà realizzare i moduli di questi nuovi reattori. Tempi e costi saranno ridotti. Per costruire una centrale di terza generazione servono 5-10 anni e investimenti per 5-10 miliardi. Il primo prototipo di mini-reattore costerà circa un miliardo, ma i costi via via si ridurranno con l’entrata in produzione di serie».

Quanto e come incidono le tre attività sul gruppo?
«Il decommissioning pesa per un 15%; la fusione è prevalente, incide per il 50% sulle attività; i mini reattori sono in fase di avvio e pesano intorno al 5%. Il restante è fatto da attività tradizionali di revamping di impianti esistenti».

La transizione energetica genera nuove opportunità per Ansaldo?
«Il 35% delle competenze della filiera nucleare della fusione è localizzato in Liguria. Questa filiera può sviluppare un posizionamento nei mini reattori, ma c’è bisogno che il governo supporti almeno lo sviluppo della tecnologia. Le opportunità non mancano, vedo anche nuove sinergie con Ansaldo Energia».

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