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Antivirus shipping, il futuro è adesso

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Il domani è già adesso. E l’unico antivirus immaginabile è aggrapparsi alle residue ma robuste opportunità che non può cancellare neppure l’Apocalisse devastatore dei porti, della logistica e dello shipping. Mentre si apre una voragine che sembra poter azzerare la capacità di pensare in modo critico e di creare prospettive, tutti cominciano a parlare del “dopo”, come se l’emergenza dovesse necessariamente concludersi per poi lasciarci tornare alla “normalità inoffensiva” che ci lasciamo alle spalle. È un’illusione, quella del coronavirus è per molti versi una delle tante manifestazioni di un’emergenza ben maggiore che ci attanaglia da tempo. Consumismo, ossessione per il profitto, parole di egoismo hanno occupato per troppo tempo l'intero spazio dei nostri pensieri e delle nostre azioni. Dunque, non c’è un “dopo”; quel futuro comincia ora o mai più.

L’emergenza ha mostrato a tutti che le nostre vite possono cambiare radicalmente in pochi giorni. Quel meglio dobbiamo saperlo raccogliere, valorizzare e sviluppare ora, provando a ricostruire una comunità marittima diversa, delineando un orizzonte che orienti l’azione e un’agenda dei passaggi necessari per far rinascere lavoro e business in forma nuova. Abbiamo bisogno di immaginare e creare sogni nuovi: sono tanti quelli che già ora lavorano perché tutto sia peggio di prima. Due gli scenari ipotizzabili oggi, davanti a un disastro di proporzioni ancora inimmaginabili, con compagnie finora solide sull’orlo del fallimento, grandi aziende polverizzate e piccole imprese devastate. Il primo. Certamente il peso, il potere e il ruolo di due gruppi multinazionali come Msc e Maersk e delle loro società controllate a Genova e nel mondo risulteranno preponderanti e decisivi per la ripresa immediata dei grandi traffici sulle maggiori rotte tra Far East e Mediterraneo e non solo. Le imprese più piccole spariranno.

E’ lecito supporre che sullo short sea shipping il gruppo Grimaldi di Napoli estenda la sua rete, d’intesa con le imprese di autotrasporto associate ad Alis (Hupac, Fercam, Codognotto, Autamarocchi). Resisteranno i terminalisti, perché lì le navi devono attraccare. L’autotrasporto? O avrà la capacità di cambiare attraverso aggregazioni strategiche oppure sarà notte fonda. Così come per gli spedizionieri: si salveranno le aziende direttamente espresse dalle compagnie di navigazione, in grande affanno le altre imprese. Le crociere riprenderanno gradualmente, dopo un sostanziale ripensamento del modo di fare vacanze sul mare. Certo, quasi tutto dipenderà dall’incremento forte o rallentato dei traffici. Pensare in questo scenario ad una crescita del porto pare difficile. Da verificare quale sarà il fabbisogno dell’Italia. Ma per tutti non ci sarà posto. Il secondo scenario si trasforma così in obiettivo: rigenerazione del porto di Genova, a partire dagli investimenti nei servizi essenziali e nelle infrastrutture. Ma non basta ancora. Esiste una grande opportunità di rivoluzionare un sistema malato nella gestione e negli affari, privo di visioni e di orizzonti politici, sommerso da annosi compromessi, lacerato da inadeguatezze, mancanza di trasparenza, egoismi e pesanti cadute sociali.

Per far questo gli strumenti ci sono, basta allungare la mano. L’antivirus contro il porto delle nebbie lo ha confezionato il sindaco di Genova, Marco Bucci, proponendo proprio su Pilotina Blog un’Autorità portuale governata dalla Municipalità attraverso una società che prevede partecipazione attiva e investimenti delle grandi multinazionali. Una società pubblica che promuove alleanze con Stati stranieri interessati: Singapore, Cina, Dubai e la Svizzera sono interlocutori logici se sono chiare le regole. E’ una visione innovativa di città portuale, una proposta visionaria di città-porto. L'economia dell'una non può essere disgiunta dalle sorti dell'altro e viceversa. I modelli? Anversa ma anche Amburgo. Non c’è nulla di male nel programmare una città sulle attività del porto e un porto in funzione della città che lo ospita, ma non solo: sia l'una che l'altro dispongono di potentissimi punti di contatto, la loro storia, l'economia, la tecnologia, numerosissime attività artigianali legate al mare. La proposta deve venire dal basso ed essere plasmata dalle amministrazioni che devono presentarla con forza e convinzione. In un Paese debole e poco credibile, abbiamo bisogno di progetti che si presentino come profondamente rivoluzionari ma allo stesso tempo ricorrano a modelli conosciuti da investitori e operatori internazionali.

Il progetto del sindaco Bucci sulla governance del porto di Genova al 2030, può essere trasformato subito in realtà. Basta che il governatore Toti e i suoi collaboratori abbiano (almeno domani) il coraggio di scrivere la legge regionale che abroga la legge 84 e affida in house (art. 17, direttiva 23) il porto a una società pubblica aperta ai privati. Servirà una voce sola, forte, lucida, visionaria, spregiudicata ma saggia. E in questa stagione drammatica la consapevolezza si fa largo in alcuni esponenti di categoria, da Stefano Messina a Giampaolo Botta e Gian Enzo Duci. L’alternativa sarà farsi dettare l’ennesima riforma al ribasso dall’Europa, mentre a Roma si litigherà ancora per una poltrona vista mare. Neanche di fronte a un disastro l’attuale classe dirigente europea è disposta a prendere atto che le idee che hanno guidato finora la politica economica sono profondamente sbagliate. Questa classe dirigente pretende che tali idee interpretino il modo migliore di far funzionare i mercati, elevati a mitici giudici di ciò che è giusto e ciò che non lo è e di fatto sostituiti al processo democratico. Il dopo comincia adesso.

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