Profumo (Leonardo): «Sicurezza digitale, Genova eccellenza italiana» / INTERVISTA
Genova - «Il territorio può e deve reagire, avendo un focus chiaro sulle competenze industriali e tecnologiche rispetto alla quali vogliamo essere attrattivi: big data, cifratura, intelligenza artificiale. Servono matematici, fisici, ingegneri. L’Università c’è, bisogna continuare a investirci».
GILDA FERRARI
Genova - Ripartire dalle persone, focalizzarsi sulle competenze giuste, ambire a diventare il pivot industriale dell’indipendenza digitale del Paese con la nuova divisione Cybersecurity basata a Genova. E poi continuare a divertirsi lavorando, andando in giro per il mondo per portare a casa del business per l’industria italiana: «Perché alla fine un manager questo deve fare, creare posti di lavoro». Alessandro Profumo, ad di Leonardo, il gruppo dell’aerospazio e difesa controllato dal Tesoro che affonda le sue radici nell’ex Finmeccanica e prima ancora in Ansaldo, non smette di credere nella Liguria. Anzi, in questa intervista al Secolo XIX rilancia, nonostante le difficoltà che attanagliano il territorio, sottolineando che il «collegamento veloce con Milano è fondamentale» per uscire dall’isolamento, ma spiegando che per essere attrattivi serve anche altro, a cominciare dalle scuole.
Cosa rappresenta, e quale ruolo può giocare, la realtà ligure di un gruppo internazionale qual è Leonardo?
«È una realtà fatta di persone e competenze. In Liguria abbiamo 2.800 dipendenti, di cui 1.800 nella sede di Genova e un migliaio alla Spezia, più le persone che operano nella scuola della Marina di Chiavari, una realtà piccola ma per noi significativa. A Genova abbiamo diverse divisioni, l’Elettronica, la Cybersecurity, l’Automazione. Poi a Genova c’è Fondazione Ansaldo, nel cui archivio c’è un pezzo dell’industrializzazione di questo Paese. Genova ha una storia industriale e tecnologica che non va dispersa. E che va recuperata e rilanciata. Basare qui la nuova divisione Cyber, assumere Roberto Cingolani che molto bene ha fatto all’Iit, per Leonardo significa avere una fornitura continua di persone che hanno competenze tecnologiche, o avere capacità di attrazione di persone che le hanno: è un elemento fondamentale».
Industrialmente questo è un territorio dal passato glorioso, ma il presente è problematico e il futuro incerto. Si può reagire con successo, puntando su cosa?
«Il territorio può e deve reagire, avendo un focus chiaro sulle competenze industriali e tecnologiche rispetto alla quali vogliamo essere attrattivi: big data, cifratura, intelligenza artificiale. Servono matematici, fisici, ingegneri. L’Università c’è, bisogna continuare a investirci. Ma occorre anche attrarre nuove competenze da fuori, offrendo loro la qualità della vita di questa meravigliosa terra».
Si può essere attrattivi, tornare strategici, se si è fuori dai flussi di traffico?
«Il tema della connessione veloce con Milano è fondamentale. Ma poi l’attrattività è frutto anche di altri fattori. Il sistema scolastico per esempio è fondamentale, perché le persone che lavorano hanno figli da mandare a scuola e cercano buone scuole. Genova ha il vantaggio di avere un sindaco, Marco Bucci, che queste cose le ha ben chiare. Reagire si può e si deve, qui c’è un pezzo fondamentale della storia industriale e tecnologica del Paese: occorre recuperarlo e rilanciarlo, attraverso persone e competenze. Profili come Cingolani ad esempio possono dare un contributo fondamentale».
A proposito, che cosa farà, concretamente, il nuovo Technical Officer in Leonardo?
«Due cose. Anzitutto si occuperà della governance della ricerca e sviluppo del gruppo. Leonardo spende ogni anno un miliardo e mezzo in ricerca e sviluppo, li spende nelle divisioni. Cingolani è la persona che guarderà se i progetti, a livello di divisione, sono adeguati: è il responsabile di una famiglia di ingegneri che conta 10mila persone. Con il nuovo Cto intendiamo poi investire in tecnologie abilitanti destinate a diventare una piattaforma trasversale a tutto il gruppo, ma anche al servizio di altri soggetti. Capacità di calcolo per fare simulazione, analisi di big data, artificial intelligence, robotica: tutte tecnologie di base sulle quali operare in modo centrale, per consentire alle divisioni di andare ad attingere ciò che serve. Creare forti capacità di questo genere serve a Leonardo, ma anche al Paese».
Dopo il crollo del Morandi, Leonardo si è mostrata vicina a Genova, anche investendoci sopra, dalla Cyber a Cingolani. Quanto c’è di marketing in queste vostre scelte e quanto invece sono frutto concreto di strategie di business perché questo territorio esprime competenze che altrove non c’erano?
«La scelta di basare la divisione Cyber a Genova è maturata prima del crollo del ponte, perché qui avevamo già una unità di business e quindi abbiamo deciso di creare una divisione totalmente focalizzata. Cybersecurity significa sicurezza logica e sicurezza fisica, sono attività che convergono in un unico contenitore. Abbiamo persone in giro per l’Italia che si occupano di queste attività, ma abbiamo deciso che il coordinamento e lo sviluppo dovesse stare a Genova perché qui ci sono forti competenze e qui Leonardo vuole continuare a crescere. Su Cingolani il marketing è zero. Mi rendo conto che sia una persona “pesante” - in termini di competenze, capacità, voglia di fare - ma l’ho scelto proprio perché è una persona pesante».
Barbara Poggiali, direttore della Cybersecurity, presenterà il piano strategico ai sindacati mercoledì.
«C’è un tema generale di posizionamento: Leonardo vuole essere un key player della sicurezza nazionale. La divisione Cyber si occupa di sicurezza logica e fisica, e le due cose sono collegate. Siamo già un interlocutore istituzionale delle autorità, ora vogliamo diventare un catalizzatore di sviluppo in quest’area. Oggi le due componenti insieme fanno 400 milioni di fatturato: possono diventare molti di più. Ma aldilà della dimensione di fatturato, Leonardo punta a essere il pivot industriale della Digital Independence del Paese. Pensiamo di avere le capacità, le competenze e la possibilità di farlo. La nostra missione è essere partner di riferimento dei clienti domestici e internazionali che operano in contesti mission critical, con elevati requisiti di sicurezza. Nel mondo fisico abbiamo tecnologie legate alle comunicazioni e ai trasporti, distribuite tra Firenze e Genova. Il mondo Cyber e Ict lo gestiamo tra Roma, Chieti e Genova (qui ci sono 450 persone dedicate su un totale di 1.800). Il nostro piano va nella direzione del rafforzamento come partner di riferimento. Il mercato è molto in crescita, si sa».
Le manifestazioni di interesse per Piaggio Aerospace sono una quarantina, dice la società aeronautica commissariata. Leonardo è l’unico gruppo che ha dichiarato pubblicamente di avere manifestato interesse per due asset: manutenzione e motori. Come procede il percorso?
«La nostra è una scelta fatta in un’ottica di servizio. Siamo una società quotata, non possiamo perdere soldi. I motori e il P180 sono asset importati per i nostri clienti più importanti: l’Aeronautica militare e altri clienti istituzionali. Piaggio fa la manutenzione dei 339, che sono l’aereo base per la formazione dei piloti, sul quale stiamo investendo molto. La società ancora non ha aperto la data room, quindi non abbiamo ancora visto i numeri, non ho idea delle marginalità, credo siano molto limitate. Ma è fondamentale che su motori e P180 si continui a lavorare. Siamo in attesa di capire dal commissario come procedono le cose. Sulle 40 offerte di cui si parla faccio una battuta: non sono geloso, se c’è qualcuno più pronto di noi, siamo contenti».
Significa che se non si rivela un’operazione in perdita intendete proseguire sull’acquisizione?
«Assolutamente sì, delle due componenti di cui ho parlato».
Parliamo dell’accordo Fincantieri Naval Group?
«È un dossier di cui non parlo».
Allora parliamo di Orizzonte Sistemi Navali, la joint venture tra Leonardo e Fincantieri in attesa di rilancio.
«Con Fincantieri abbiamo fatto questo accordo attraverso Orizzonte Sistemi Navali, che a mio avviso è estremamente importante perché – e questo è un cambiamento rilevante rispetto al passato - noi diamo a Fincantieri la possibilità di essere la design authority di tutta la nave. La nave è fatta da una componente navale e una componente elettronica, oltre ai sensori e ai sistemi d’arma. Leonardo fornisce la parte elettronica e i sensori, il combact management system. Ora noi diciamo: mettiamo dentro Orizzonte la parte architetturale del combact system, Leonardo farà il combact management system, l’integrazione dei sistemi d’arma, e con questo sistema Fincantieri si presenta al cliente ed è la design authority. Leonardo passa delle attività a Fincantieri, definendo che siamo partner strategici. Mi pare la cosa più saggia: trovare un modo strutturato per essere collaborativi e andare in giro per il mondo a fare cose insieme, auspicabilmente ben fatte». Il rilancio annunciato dagli azionisti però non procede, mentre in Orizzonte lo aspettano con entusiasmo. «Anche Leonardo lo aspetta con entusiasmo, qualcosa ha rallentato, ma credo, spero, si arriverà in fondo. Ho 62 anni e sono fortunato, lavorare mi diverte ancora. Mi diverte pensare di poter andare insieme all’estero per cercare di portare a casa del business per l’industria italiana. Alla fine un manager questo deve fare: creare posti di lavoro».
Tornando a Leonardo, a Genova l’Automazione è carica di ordini. La prossima sfida è la ricerca di un partner per questa divisione?
«La prossima sfida è consegnare bene il prodotto. Stiamo prendendo tantissimi ordini, sia nello smistamento bagagli aeroportuale sia nella logistica, Dhl è il nostro principale cliente. Ora la priorità è essere perfetti nella consegna, poi ragioneremo su altro. Facciamo fatica a stare dietro al lavoro che abbiamo…».
Dovete assumere di più.
«Lo stiamo facendo, ma non è neppure facile trovare le persone e non certo perché la gente non ha voglia di lavorare. Si fa fatica perché i lavoratori più bravi ce li “tiriamo via” l’uno con l’altro, tra concorrenti. Inoltre stiamo anche cercando di capire come ri-formare alcune competenze interne al gruppo. Un passo alla volta. Leonardo è una famiglia di 10mila ingegneri e 12mila tecnici specializzati, il vantaggio è che abbiamo 61 siti sparsi per l’Italia, siamo distribuiti».
Carige forse ha trovato la strada giusta per salvarsi. Da ex banchiere lei che dice?
«Posso solo dire che mi auguro venga salvata perché ogni volta che c’è un problema nel sistema bancario abbiamo un problema nel Paese. Mi sembra si stia facendo un grande sforzo per la banca, mi auguro che il buon senso prevalga. Ho sempre detto che Carige da sola non può stare, ha bisogno di una aggregazione». —I
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