Il calo del bunker spiazza lo shipping
Genova - Il diffondersi del nuovo coronavirus ha provocato un’improvvisa e inaspettata caduta dei prezzi del petrolio, che sta modificando lo scenario dello shipping e portando a stravolgimenti delle strategie da parte delle compagnie marittime
Alberto Ghiara
Genova - Il diffondersi del nuovo coronavirus ha provocato un’improvvisa e inaspettata caduta dei prezzi del petrolio, che sta modificando lo scenario dello shipping e portando a stravolgimenti delle strategie da parte delle compagnie marittime.
Si tratta di cambiamenti che in teoria hanno carattere temporaneo, ma la cui durata, vista l’incertezza che riguarda i tempi dell’emergenza sanitaria e il contesto globale che si verrà a creare successivamente, non è attualmente prevedibile. Nel suo ultimo rapporto, Drewry sottolinea come l’unica certezza attualmente sia «la volatilità della domanda e dell’offerta». E nota che, nonostante l’inattesa riduzione del costo del combustibile, gli speditori che danno priorità al transit-time «devono aspettarsi rallentamenti della velocità dei servizi perché alcuni vettori sono tentati di allungare i viaggi per assorbire capacità». Questo può significare slow steaming, ma anche percorsi più lunghi. La prima nave che ha evitato Suez, segnalata da Lars Jensen, ceo di SeaIntelligence Consulting, è la “Cma-Cgm Alexander von Humboldt”. Partita da Algeciras il 27 marzo, la portacontainer era al largo dell’Africa occidentale lo scorso 31 marzo. E’ diretta a Port Kelang, in Malesia, dove dovrebbe arrivare il 21 aprile. Il periodo di navigazione sarà quindi di 26 giorni, contro i 21 giorni previsti dalla vecchia rotazione via Suez. Commenta l’armatore italiano Ignazio Messina, la cui compagnia utilizza abitualmente Suez: «È una scelta che dipende molto dalla destinazione, oltre che dal tipo di traffico. Per un servizio di linea può non essere la scelta giusta. Il problema è che siamo in un contesto in cui le variabili sono tantissime. I cantieri turchi per accogliere una nave in bacino chiedono che siano passati 14 giorni dall’ultimo scalo. Se questa posizione dovesse essere adottata anche per il carico e scarico della merce, un servizio che tocca cinque porti impiegherebbe 70 giorni».
Intanto un’altra conseguenza del virus è il calo dei consumi, che assieme al braccio di ferro in sede Opec fra Russia e Arabia Saudita, ha fatto crollare il prezzo del greggio.
Questo ha accentuato la tendenza, già presente nelle prime settimane dell’anno, alla riduzione dello spread fra bunker a alto e basso tenore di zolfo, tanto che alcune compagnie come Maersk e Cma-Cgm hanno deciso di azzerare i surcharge per il fuel pulito. E Skorpio Tankers ha avvertito che «potremmo non realizzare i benefici che avevamo previsto con i nostri investimenti per i sistemi di pulizia dei gas esausti». La compagnia ha installato 46 scrubber sulle proprie navi al 27 marzo scorso e ne ha ordinati altri 52: «La realizzazione dei benefici dipende da una varietà di fattori, molti dei quali sono fuori dal nostro controllo». Proprio sull’incertezza insiste ancora Ignazio Messina: «Non ci si può basare su un solo elemento. Oggi è difficile fare scelte sul lungo periodo, si fanno sul breve e chi può sospende la costruzione degli scrubber. Fra l’altro, in questo periodo i cantieri cinesi hanno accumulato enormi ritardi e quindi molti investimenti in realtà non sono stati conclusi. Naturalmente, se nei prossimi mesi il prezzo del bunker e lo spread dovessero risalire, diventerebbe di nuovo conveniente montare gli scrubber». Il discorso vale più in generale per le strategie di uscita dalla crisi: «I governi di Stati Uniti, Regno Unito e Danimarca hanno modificato radicalmente le loro scelte in pochi giorni. Tutto avviene rapidamente. Mentre la Cina comincia aripartire, gli Stati Uniti rallentano. A noi in Sud Africa è capitato che al pomeriggio ci abbiano detto che una nave avrebbe potuto entrare in porto e il giorno dopo che invece non si poteva entrare Si prendono provvedimenti sull’onda del panico. L’incertezza è totale».
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