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La nave che affondò l’ “Andrea Doria” va in demolizione

Eugenio Giannini: “La ‘Stockholm’ piantò la prua nel nostro scafo: ora la sua fine non mi emoziona” | Intervista

Eugenio Giannini, 94 anni, è l’ultimo ufficiale dello Stato maggiore dell’ “Andrea Doria” che il 25 luglio 1956 era in servizio come terzo quando l’ammiraglia della Società Italia di Navigazione venne speronata dalla svedese “Stockholm”

di Matteo Martinuzzi
Aggiornato alle 1 minuto di lettura

Eugenio Giannini faceva parte del comando dell' "Andrea Doria"

 

Monfalcone – Eugenio Giannini, 94 anni, è l’ultimo ufficiale dello Stato maggiore dell’ “Andrea Doria” che il 25 luglio 1956 era in servizio come terzo quando l’ammiraglia della Società Italia di Navigazione venne speronata dalla svedese “Stockholm”.

Cosa prova nel sapere che la “Stockholm” verrà demolita e com’è stata la sua vita dopo il “Doria”?
”Nessuna emozione, sono passati tanti anni, è una nave che va in demolizione, le emozioni sono quando penso al “Doria”, era il mio sogno realizzato. Sono stato l’unico comandante di lungo corso viareggino assunto dalla Società Italia. Quanto orgoglio avevo quando montavo di guardia. Ho fatto poi il primo ufficiale sulla “Leonardo Da Vinci”, sul “Saturnia” e il “Conte Grande”, ho fatto una grande carriera senza rimpianti. Ho smesso di navigare quando mia figlia non mi riconobbe dopo uno sbarco. Poi sono passato al ramo abbigliamento e sono diventato direttore commerciale Italia di Christian Dior”.

Cosa ricorda dell’ “Andrea Doria”?
”Era la più bella nave del mondo, meglio della “Leonardo da Vinci” di cui ho curato l’allestimento. Il vestibolo di prima classe aveva un grande dipinto di Salvatore Fiume dove c’era descritta la storia culturale d’Italia. In mezzo c’era la statua dell’ammiraglio Andrea Doria. La gemella “Cristoforo Colombo” non aveva la magnificenza del “Doria”, la più bella nave su cui ho navigato, era unica”.

Cosa ricorda del momento dell’incidente?
”L’ho avvistata io la “Stockholm”, ero sull’aletta con il Comandante Calamai e dissi che “passava libera” vedendo i due fanali di via. Dopo la riguardai con il binocolo e mi accorsi che stava accostando, il Comandante ordinò tutto timone a sinistra tendando di fuggire grazie alla nostra velocità, ma poco dopo ci piantò la prua nello scafo sotto il ponte di comando. Per effetto del moto in avanti del “Doria” la prua si spezzò e la nave svedese ci aprì come un apriscatole scivolando fino a poppa danneggiando le paratie stagne: quello ci condannò, uscimmo con 25 gradi di sbandamento”.

Cosa ricorda dell’abbandono nave?
”Tutte le lance di sinistra erano inutilizzabili. Le altre lance erano talmente distanti che i passeggeri dovettero essere imbragati e calati giù con le funi. Non si potevano imbarcare direttamente dai portelloni del ponte di passeggiata. Avevo visto nei telefilm americani che i marines scendevano tramite reti dalle navi ed utilizzai le reti di carico per far salire i passeggeri sulle lance, i più abili fecero da soli. Notte di tregenda! L’80% dei naufraghi furono portati in salvo dalle nostre lance munite di eliche. L’abbandono nave però fu ordinato, si fecero indossare a tutti i salvagenti e si mandarono i passeggeri ai punti di riunione, come fatto nella prova del giorno prima”.

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