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Fabbrica di container della Maersk: tensioni Cina-Usa, salta la vendita

Nuova testimonianza del cipiglio con cui gli Stati Uniti stanno gestendo i rapporti con la Cina e nel campo della logistica marittima, dove il Paese è completamente dipendente da compagnie europee o asiatiche

Alberto Quarati
2 minuti di lettura
(reuters)

Genova - Nuova testimonianza del cipiglio con cui gli Stati Uniti stanno gestendo i rapporti con la Cina e nel campo della logistica marittima, dove il Paese è completamente dipendente da compagnie europee o asiatiche. Dopo il rinforzo delle regole sulla concorrenza decise a primavera - che già sono costate alla compagnia tedesca Hapag Lloyd una sanzione di due milioni di dollari - questa settimana la divisione Antitrust del Dipartimento di Giustizia Usa si è messa di traverso a una maxi-operazione nel settore della fabbricazione dei container, ambito quasi completamente controllato da Pechino. In particolare, l’Antitrust americana - competente perché il tema ha un diretto impatto sui cittadini Usa - ha bloccato l’acquisizione da parte della cinese Cimc, il più grosso produttore di container del mondo, della Mci, società del gruppo danese Ap Moeller-Maersk che fa lo stesso mestiere (e infatti ha lo stabilimento in Cina).

L’operazione da 987,3 milioni di dollari avrebbe fatto di Cimc il più grande produttore di container refrigerati al mondo (quelli dove dentro viaggiano per esempio la frutta e la carne, ma anche i medicinali), e soprattutto, segnalano dall’Antitrust, "avrebbe nei fatti determinato la fusione tra due dei quattro maggiori produttori mondiali di container e concentrato il 90% della produzione di questi nelle mani di società dello Stato cinese o comunque ad esso collegate", come è appunto il caso della Cimc. Ce n’era a sufficienza per fermare l’operazione, spiega il vice-procuratore Johnatan Kanter: "I consumatori americani dipendono dalla logistica del freddo in molti aspetti essenziali della loro vita": questione troppo delicata per poter pensare che tutto il surgelato e gran parte dei medicinali di importazione viaggi inscatolato dentro a contenitori prodotti in Cina, anche se di fatto è già così.

Del resto, quando a settembre dello scorso anno venne annunciata l’operazione, fu proprio l’amministratore delegato della Cimc, Mai Boliang, a spiegare che l’interesse nell’investimento stava proprio nelle capacità della Maersk di sviluppare tecnologie per il trasporto refrigerato. Non solo: la Cimc è anche il maggior produttore mondiale dei semirimorchi su cui vengono caricati i container quando viaggiano su strada, e gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato estero di questa industria: "L’acquisizione di Mci da parte della Cimc - prosegue il vice-procuratore - rischia, su aspetti così delicati della nostra economia, di portare a prezzi più alti, meno qualità, e meno resilienza della catena logistica globale. Avrebbe consolidato la posizione già dominate della Cimc, e avrebbe cancellato Mci nella sua qualità di concorrente innovativo e indipendente. Senza dimenticare che l’operazione avrebbe ulteriormente rafforzato il rischio di concerto tra un ristretto gruppo di operatori, la maggior parte dei quali già condivide proprietà e strategie comuni". Nel 2021 la Cimc (China Marine International Containers) ha fatturato 24,5 miliardi di dollari (+74% rispetto al 2020), a fronte di un utile di utile operativo di due miliardi (+81%). Con 70 mila dipendenti, il gruppo è quotato a Shenzhen e Hong Kong. Pur essendo una società a capitale diffuso, i principali azionisti sono China Merchants e Cosco, cioè due gruppi direttamente controllati dallo Stato cinese.

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